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Benvenuto Presidente!

08/04/2013 11:00

Aurora Tamigio

Recensione Film,

Benvenuto Presidente!

Una storia al limite dell'assurdo, parodia della politica italiana

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Mentre tra Camera e Senato si discute dell'elezione del nuovo Presidente della Repubblica, per provocazione viene designato per maggioranza di voti Giuseppe Garibaldi, padre della Patria, simbolo della perduta integrità della politica. Unico cittadino italiano con questo nome e con i requisiti giusti è Peppino Garibaldi (Claudio Bisio), pescatore di montagna, ingenuo e grossolano. Fregiato della nuova prestigiosa carica pubblica, Peppino verrà condotto al Quirinale dove dovrà imparare a fare il Presidente, combattuto tra le difficoltà della politica, l'apprendimento dell'etichetta e la possibilità di portare a termine qualcosa di importante, per la prima volta nella sua vita.


La commedia all'italiana ha saputo raffigurare il nostro paese nei suoi momenti di cruciale cambiamento, di passaggio dalla povertà al progresso, e ritrarre – non senza l'aiuto di brillanti interpreti - l'italiano medio, attraverso i vizi e le virtù che, col tempo, ne sono diventate parte dell'identità. Ma se da poeti, santi e navigatori i cittadini peninsulari sembrano essere diventati – soprattutto negli ultimi vent'anni - un popolo di meno pronunciati pregi e di ben più evidenti difetti, i registi della commedia moderna sembrano sentirsi, al pari degli autori di ieri, in dovere di rappresentare tale cambiamento, inventando storie quotidiane di accento vagamente surreale, calate nell'attualità e velate di un tono tendenzialmente moralizzante. Solo fino a pochi anni fa era ancora possibile vedere sul grande schermo ritratti di vivida passione politica, sia che riguardassero il drammatico portato in scena da Marco Bellocchio e Marco Tullio Giordana o il grottesco di Paolo Sorrentino. L'onda lunga dell'antipolitica e del populismo dilagante ha condotto il cinema a una riflessione sullo svecchiamento e sullo svuotamento dei palazzi presidenziali dai politici di professione in favore di una – profetica – sostituzione di questi con i cittadini comuni, gli elettori.


Riccardo Milani dirige una storia al limite dell'assurdo, a metà tra fiaba e realtà, detrattrice e parodizzante dell'intero mondo della politica italiana. Una commedia che si fa beffe della storia, a partire dai padri della patria - da un Garibaldi trattato alla pari di una maschera carnevalesca - sino al mestiere delle armi della politica, duro compito affidato, quasi per caso, a un popolano ingenuo, buono di cuore e ignaro. Claudio Bisio, dopo anni di cabaret e qualche prova (più o meno) brillante al cinema, reduce dal successo di Femmine contro maschi e Benvenuti al Sud, si fa ormai interprete dello stereotipo e del qualunquismo: dopo la rappresentazione del meno originale dei contrasti, quello fra uomo e donna, e al più deprimente degli scontri, nord contro sud, il comico si presta a questo film di deboli pretese educative e di idee già viste. Prima fra tutte, quella che dà l'avvio alla sceneggiatura di Fabio Bonifacci: l'insediamento al Quirinale di un estraneo e ingenuo buffo soggetto, che si rivela però capace di sciogliersi dal giogo dei lupi della politica. La pellicola sembra raccogliere provvidenzialmente l'arrabbiatura dell'italiano medio nei confronti della classe politica celebrando, attraverso il Peppino Garibaldi interpretato da Bisio, una presunta innocenza del popolo nei confronti del degrado del Paese. Con la sua commedia agrodolce, Milani si colloca fra coloro che sono convinti che la crisi della politica non sia solo la più evidente e plateale immagine di una società stantia e decadente, zimbello del mondo intero, raccontando agli spettatori la favola del cittadino “buon selvaggio” in balia delle belve della politica. Se in alcune sequenze – come quelle dei senzatetto o dell'ospedale - Benvenuto Presidente! mostra una finta e ruffiana ingenuità, in realtà il film cela al suo interno un astuto procedimento di lusinga dello spettatore, che ha come ultimo scopo quello di condurre quest'ultimo all'immedesimazione. Benvenuto Presidente! finge di rappresentare i vizi del paese ma finisce in realtà per assolvere ciascuno dalle proprie responsabilità. Così, dopo l'esordio brillante nel 1997 con Auguri professore e aver stupito a metà degli anni Duemila con lo struggente Piano, solo, Riccardo Milani pare aver appreso da una lunga esperienza sul piccolo schermo soprattutto uno spiccato intuito per quello che il pubblico vuole vedere: favole e blandi insegnamenti di soffice moralità, in nome della celebre medietas all'italiana, da sempre ricetta di successo. Un carezzevole stile popolare che non arriva a farsi satira, ma che non rinuncia a voler dire la sua sull'attualità.


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