
Era il 1990 quando i Take That estesero al mondo la formula fino ad allora semisconosciuto di boy band: al gruppo inglese si affiancarono e ne seguirono una miriade, dai Backstreet Boys agli East 17, dai Boyzone agli 'N Sync. Il concetto era semplice e spesso studiato a tavolino da produttori con il giusto senso degli affari: si prendeva un gruppetto di ragazzi belli e atletici, bravi a cantare e ballare (ma non necessariamente), gli si costruiva il look e le canzoni adatte per fare breccia nel cuore delle adolescenti di tutto il mondo. L'ultima incarnazione della boy band sono i britannici One Direction che in poco più di tre anni hanno battuto ogni record di vendita e fatto incetta di premi in tutto il mondo. Il film This Is Us ripercorre le tappe della breve e folgorante ascesa del quintetto: Niall Horan, Zayn Malik, Liam Payne, Harry Styles e Louis Tomlinson, tutti nemmeno ventenni, si conoscono durante le selezioni del 2010 dell'edizione britannica di The X Factor, si uniscono e spiccano il volo verso il successo. Dal dietro le quinte del reality fino alle tappe del loro tour intorno al mondo, tra Europa, America e Giappone, con interviste inedite e spezzoni dei loro concerti. Il regista Morgan Spurlock, conosciuto al grande pubblico per aver diretto e fatto da cavia umana nell'esperimento Supersize Me, cerca di restituire il lato più umano del gruppo che emerge nelle fatiche del tour, nell'assalto delle fans, nei pochi momenti di contatto con le famiglie e nel forte legame creatosi tra i componenti della band. Fa sicuramente effetto vedere il quintetto alle prese con un successo planetario, cercare di gestirlo rimanendo con i piedi per terra, continuando a comportarsi come conviene a un gruppo di ragazzi anche alle prese con star mondiali presenti ai loro live, come Martin Scorsese, Chris Rock o Cristiano Ronaldo. In questo sicuramente il film risulta interessante anche per chi non conosce la boyband; per i milioni di fans dei One Direction sparsi in giro per il mondo invece è un appuntamento da non mancare in toto. Rimane però la netta e spiacevole sensazione che si voglia sfruttare fino in fondo la gallina dalle uova d'oro finché ce ne sarà l'opportunità . Come spiegare altrimenti la presenza di un 3D che non ha alcuna ragione valida di esistere in un lavoro del genere e che infatti non aggiunge assolutamente nulla al risultato complessivo?