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La gente che sta bene

05/02/2014 12:00

Erika Pomella

Recensione Film,

La gente che sta bene

Umberto (Claudio Bisio) è un avvocato piacione e vanesio, che mette più cura nello scegliere il proprio abito che nell’inventare strategie utili alle vittorie d

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Umberto (Claudio Bisio) è un avvocato piacione e vanesio, che mette più cura nello scegliere il proprio abito che nell’inventare strategie utili alle vittorie dei propri clienti. Vagamente senza scrupoli, inconsapevole dei danni che la crisi sta portando alle famiglie in gravi difficoltà economiche, l’uomo è talmente preso dal proprio lavoro e da se stesso da ignorare la moglie Carla (Margherita Buy), ex avvocato che ha rinunciato alla carriera per restare a casa con la figlia. Quando, però, Umberto scopre di essere sul punto di essere licenziato, ed è costretto a valutare la proposta lavorativa di Patrizio (Diego Abatantuomo), con la cui moglie (Jennipher Rodriguez) ha una specie di relazione, scoprirà che la sua vita non è tutta rose e fiori.


Tratto dall’omonimo romanzo di Federico Baccomo, successivo a Studio Illegale, trasposto appena un anno fa al cinema con la regia di Umberto Carteni, La gente che sta bene si presenta come un suo ideale seguito. Non è infatti difficile scorgere dietro i lineamenti di Umberto un vecchio Andrea: entrambi avvocati che sbeffeggiano la crisi, deridono chi non ce la fa in uno scenario che vorrebbe essere la messa in scena grottesca dei potenti d’oggi arroccati nelle loro fortezze d’oro, ignari o, peggio ancora, incuranti delle problematiche della società. Tuttavia si deve ammettere che se Studio Illegale aveva dalla sua un tono molto più parodistico perché metteva sotto silenzio il lato moraleggiante, il nuovo film di Francesco Patierno sembra invece indeciso sulla strada da intraprendere. Mescolando senza troppa grazia commedia e dramma – con qualche spolverata di rimprovero sociale – il regista finisce col creare un ibrido che non funziona a dovere, mutilato, privo cioè di un’identità unitaria utile a veicolare il messaggio di fondo dell’operazione. Le situazioni messe in scena – che danzano in bilico tra il comico e l’improponibile – non riescono in alcun modo a sposare l’intenzione di Patierno di dipingere il ritratto tragicomico di un’Italia ormai messa in ginocchio, lontana dalle passate glorie. Il risultato è un lavoro freddo, asettico, lacunoso in più fasi di sceneggiatura. Nemmeno il mattatore Claudio Bisio riesce a convincere: intenzionato ad emergere in un ruolo che non riesce mai a farsi tondo, resta ancorato alla piattezza narrativa di un'operazione che non coinvolge quasi mai lo spettatore.


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