Luca (Andrea Chimenti) ha 50 anni, una storia d’amore fallita alle spalle e, nonostante i sogni da musicista, un lavoro come commesso nel sexy shop di Uberto (Uberto Kovacevich), un ex compagno di scuola. Tra le incursioni di Giorgio (Vincenzo Marega), amico di gioventù dalla vita problematica, e le visite di personaggi sempre più bizzarri, il sexy shop di Luca diventerà in una giornata un luogo per i protagonisti in cui riflettere sulle proprie vite. Tratto dall'omonimo romanzo di Vincenzo Marega – nella vita anche musicista e pittore, nella pellicola attore nei panni di Giorgio – Sexy Shop nasce con l’intenzione di costituire un’alternativa divertente e originale per il cinema italiano seppure con mezzi limitati e attori improvvisati. Di partenza c’erano però le potenzialità del soggetto amaro e umoristico di Marega, una riflessione su una generazione di cinquantenni svampiti e confusi, costretti a vagare fra le stanze senza futuro della propria vita come in quelle del claustrofobico sexy shop. Sebbene lo spunto di narrazione costituisse una possibilità , persino per un piccolo film marginale e low-budget, il risultato finale del film è così amatoriale che la sua stessa distribuzione cinematografica appare difficile da accettare. Di contro alle intenzioni dei suoi autori - decisi in ogni caso a produrre la pellicola, seppur con un budget esile - è soprattutto la direzione di Fernando Maraghini e Maria Erica Pacileo che sembra vacillare, riuscendo infine a generare solo una bozza di pellicola, impensabile per il grande schermo, con inquadrature instabili, scenografie assenti, luci sbagliate, attori dilettanti e tempi comici da rivedere. Se l’urgenza di portare al cinema questo film si sarebbe potuta giustificare solo in virtù di un’idea di sceneggiatura estremamente brillante, che non si limiti a sottolineare il grottesco di un sexy shop, la pellicola di Maraghini e Pacileo non solo è difficile da vedere, ma anche da capire, priva com’è di una trama vera e propria, di una scrittura nei dialoghi – limitati a siparietti vagamente umoristici e gag piuttosto ciniche - e di un ordine di idee sequenziale che ricostruisca anche solo minimamente la storia - magari non originale ma certo degna di essere raccontata meglio - pensata da Marega. Inspiegabile è non solo come una pellicola come Sexy Shop abbia potuto raggiungere il grande schermo, ma anche come si giustifichino nel film i cammei di personalità della musica rock italiana degli anni ’80 e ’90 come Prozac+, Tre Allegri Ragazzi Morti e Antonio Aiazzi dei Litfiba. Se è vero che il circuito indipendente è ormai per i nuovi autori una strada da percorrere con più sicurezza di un tempo, Sexy Shop è un film da considerare - nella migliore ipotesi – incompleto e affrettato, adatto forse più ad una distribuzione televisiva, o web, ma di certo privo di qualsiasi consapevolezza cinematografica.