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Il giovane favoloso

08/09/2014 11:00

Valentina Pettinato

Recensione Film,

Il giovane favoloso

Terzo film italiano presentato in concorso al 71°Festival del Cinema di Venezia, il bel biopic di Mario Martone è dedicato al "poeta gobbo" più famoso d'Italia,

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Terzo film italiano presentato in concorso al 71°Festival del Cinema di Venezia, il bel biopic di Mario Martone è dedicato al "poeta gobbo" più famoso d'Italia, Giacomo Leopardi. Dopo Noi Credevamo (2011), Martone presenta al Lido una pellicola che sfida la sorte: nonostante infatti la cinematografia sia sempre stata poco fortunata nei tentativi di confezionare in maniera convincente un ritratto di un personaggio così complesso e sfaccettato, Martone colpisce nel segno, seppure con una pellicola di due ore di non facile fruizione.


Il giovane Giacomo (Elio Germano) mostra una passione quasi autolesionista per lo studio. Il rapporto con il padre (Massimo Popolizio) - in principio orgoglioso della sua giovane e intelligente creatura, poi geloso della stima che inizia a riscuotere tra gli intellettuali del secolo - si incrina e Giacomo scalpita, sentendo su di sè il peso della consapevolezza. Sa di essere destinato a cose grandi che lo piegheranno e gli faranno del male. Così, mentre combatte tra un padre che lo vuole imbrigliare a sè e la volontà di fuggire via, conosce Pietro Giordani (Valerio Binasco), che asseconda il suo irrefrenabile desiderio di mete sconosciute e nuove prove.


Il Leopardi di Martone è poco poeta e molto pensatore: è quello delle Operette morali e non dei Canti. L’impalcatura filmica de Il Giovane Favoloso si muove attorno alle sue poesie, declamate dallo stesso Leopardi come se non riuscisse a parlare in altro modo, come se non ci fosse lingua più adatta a descrivere la prigione di emozioni, paure e dolore che angustia il poeta. Dopo un lungo salto temporale, il film arriva a narrare di una nuova coppia: il Leopardi studente a Firenze con il collega di scorribande Antonio Ranieri (Michele Riondino). Inizia una visione più tenera del povero Giacomo che, sempre più gobbo, abbrutito dalla vita e consapevole dei propri limiti fisici, proietta nel "bell’Antonio" il desiderio di colpire anche il genere femminile. La dimensione sessuale e il rapporto con le donne infatti non sono minimamente approfonditi, se non di riflesso. Leopardi fallisce in ogni approccio erotico e, nonostante questa fase del film sia quella più gaudente, l’educazione sessuale del poeta è censurata. La parabola che porta dall’amore a prima vista dalla finestra del suo studio alla fuga da un bordello napoletano appare tentennante e di poco spessore, quasi eccessiva nella sua inutilità.


Il Giovane Favoloso di Martone è un uomo in direzione ostinata e contraria ai suoi tempi: l’esplosione della sua infelicità, in una Napoli piegata dal colera, è colpa di un mondo che non lo capisce. Il Giovane Favoloso è un racconto rock: il racconto di un ragazzo colto e di buona famiglia la cui voglia di trasgressione, limitata da un fisico poco aitante e cagionevole, trova la sua unica valvola di sfogo attraverso la scrittura. Martone carica il personaggio di sarcasmo, cinismo e nichilismo, elementi che in un'altra epoca lo avrebbero reso idolo delle masse ma che, collocate nell’800, fanno di lui solo un uomo triste e consapevole di esserlo. Quella del Leopardi di Martone è una storia senza tempo. Forse leggermente didascalica, è una felicissima prova del regista italiano e del suo attore principale, Elio Germano. Da Recanati, a Napoli, passando per Firenze, è una sorta di interail artistico, un viaggio di (de)formazione in cui il Leopardi di Martone durante il tempo del film si incurva nel fisico ma si stende sempre di più nel firmamento artistico. Anche se ancora nessuno lo sa.


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