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One On One

02/10/2014 11:00

Aurora Tamigio

Recensione Film,

One On One

Una ragazzina viene aggredita e assassinata da un gruppo di uomini...

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Una ragazzina viene aggredita e assassinata da un gruppo di uomini. Tornando a casa, uno di loro viene sequestrato da un esercito paramilitare e brutalmente torturato fino ad ammettere la propria colpa nell'omicidio. Da qui in poi, l'assassino vivrà ogni singolo giorno tormentato dal terrore che ad ognuno dei suoi compagni stia toccando la stessa sorte.


È bastato il Leone veneziano del 2012 per riporre su Kim Ki-duk un'aspettativa che pronosticava dopo un capolavoro, un altro e un altro ancora. Ma se in principio fu Pietà - unico film veramente sconvolgente del regista coreano - già dal successivo Moebius la cinematografia di Kim Ki-duk ha iniziato a scricchiolare fino ad aprirsi, con One On One, in una crepa troppo profonda per guardarvi all'interno. L'unità di temi e una definita poetica dell'eccesso e dell'osceno aveva lasciato scorgere negli ultimi tre film del regista, una sorta di trilogia che, se non proprio la “vendetta” come per Park Chan-Wook, affrontasse con altrettanta coerenza gli argomenti del dolore, dell'abbandono e della sofferenza. Film cattivi, di cui è difficile essere spettatori senza essere assaliti dal proverbiale pugno nello stomaco. Tuttavia, da Moebius in poi il cinema di Kim Ki-duk ha aggredito lo spettatore con sempre meno convinzione, smarrendo per strada parte dei contenuti in favore di un certo manierismo pulp divenuto, tra l'altro, sempre meno scandaloso.


Sebbene chiaro che non si possa parlare di una saga, va ammessa una certa linearità fra le pellicole che Kim Ki-duk ha presentato ogni anno, puntuale, al Festival di Venezia. La più recente, One On One, è un'opera deludente non solo in funzione delle precedenti: se anche fosse un caso isolato di estetizzazione della violenza, ci si domanderebbe ugualmente - di pari passo con la rappresentazione della tortura, dell'omicidio, dell'aggressione sessuale – quale messaggio (non solo) contemporaneo sia così forte da reggere un simile campionario visivo di atrocità. One On One è invece - di nuovo - un'opera dal tema incerto. Se almeno in Moebius il conflitto (che si potrebbe persino nobilitare in edipico) era circoscritto all'ambiente familiare e sentimentale, l'ultimo film del regista coreano è un'opera solo retorica in cui a essere rappresentato con tanta enfasi è poco più che un scontro fra Bene e Male, in cui le carte vengono (solo un po') mischiate per confondere lo spettatore. Kim Ki-duk porta agli estremi la rappresentazione di un mondo di tutti contro tutti: alle Ombre vendicatrici, picchiatori professionisti servi di un non chiaro regime di cui il regista vuole denunciare il terrore, è infatti delegato il ruolo di antagonisti di un protagonista con cui è impossibile empatizzare. Priva del respiro interiorizzato di Pietà, One On One - opera presentata, senza troppo successo, a Venezia71 - non ne ha pareggiato il valore, dimenticando di affiancare alla brutalità delle immagini un contenuto ugualmente spiazzante.


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