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Striplife - A day in Gaza

20/01/2015 12:00

Aurora Tamigio

Recensione Film,

Striplife - A day in Gaza

Striplife è un film collettivo...

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Striplife è un film collettivo. E non sono in quanto risultato del lavoro di cinque registi e di un capillare crowdfunding, ma soprattutto perchè racconta la Striscia di Gaza nelle molte storie che la popolano. Non è più un solo protagonista a essere caronte dello spettatore in una terra in cui facilmente piomba l'Inferno, ma molti personaggi che semplicemente diventano guide nella loro vita quotidiana, un tentativo coraggioso di vivere in Palestina nonostante la guerra perenne. Nicola Grignani, Alberto Mussolini, Luca Scaffidi, Valeria Testagrossa e Andrea Zambelli – attraverso la collaborazione di giovani videomakers palestinesi – raccontano una Palestina inedita, che ha già raccolto consensi e apprezzamenti in numerosi festival internazionali, da Torino a Marsiglia. Sette protagonisti per un viaggio di una giornata nella Striscia: c'è il giovane rapper Antar, la giornalista Noor, Moemen il fotografo, il vecchio contadino Jabber, le allevatrici, i pescatori, un ex calciatore e i ragazzi del Gaza Parkour Team. Personaggi diversi fra loro, che attraversano tutte le stagioni della vita e che nella loro terra hanno visto primavere e inverni.


Quello di Striplife è un cinema che osserva. Le macchine da presa dei cinque registi italiani seguono i personaggi in una giornata tipo lungo la Striscia, senza bisogno di grandi pirotecnie cinematografiche, affidandosi solo alle immagini più sensazionali di Gaza e a storie che valgano la pena d'essere raccontate. Il duro lavoro dei pescatori lungo la spiaggia, le tradizioni degli anziani contadini e le difficoltà di una tenace giornalista tv; la passione di Moemen per la fotografia, il rap di Antar e le acrobazie del Parkour Team. I divieti che popolano Gaza sono molti e non sempre comprensibili: se pescare è concesso solo in certe zone, il rap è proibito sempre e fare informazione pare ancora il mestiere più difficile di tutti. I personaggi di Striplife sono accumunati da una passione che non si spegne, sia essa per la musica, per lo sport o per le bellezze di una terra in cui ogni cosa (anche una partita di calcio) cela ricordi e cicatrici dolorose. Ma ai cinque registi la guerra non importa più, sullo schermo c'è Gaza che con fatica si solleva sulle sue gambe, traballando come una neonata che fa i suoi primi passi: se oggi è ancora lenta come il cammino dei pastori sulle note del muezzin presto sarà abbastanza agile per saltare ogni muro, non solo metaforicamente, come insegnano i ragazzi del parkour. Striplife è un'opera semplice e sincera, di poche parole e di molto significato: tranne qualche azzeccata concessione poetica - come l'inizio, surreale, con i grossi pesci arenati a riva e i pescatori che li raccolgono come frutti spontanei di un mare tranquillo – è un racconto vivace di un'intera popolazione che esiste (nonostante tutto) e abita la propria città. Non c'è messaggio politico evidente né una morale: solo una veduta a volo d'uccello su ciò che ogni giorno è Gaza, in pace o almeno in assenza di conflitto.


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