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Casper

16/03/2015 11:00

Costanza Gaia

Recensione Film,

Casper

Una trama divertente e dolcissima, per una produzione firmata da Steven Spielberg

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Nel 1995 esce al cinema Casper, la storia di un fantasmino già illustre grazie ai fumetti e a un film del 1945. Perché tornare a occuparci proprio di lui? Non solo per un revisionismo nostalgico o per celebrare una storia d'amore in formato VHS. Casper - o Gasperino, come è stato tradotto la prima volta quando sbarcò in Italia - è generoso di spunti, tenici e contenutistici. Bill Pullman, indimenticabile Stella Solitaria di Spaceballs, diventa padre ma non perde la vena di stranezza che contraddistinge le sue interpretazioni, a partire dal suo singolare mestiere di psicologo per fantasmi.


James Harvey (Bill Pullman) viene assunto per disinfestare una grande e antica casa a Friendship, poiché la ricca Carrigan Crittenden (Cathy Moriarty) intende sbarazzarsene e venderla. Ma James, ossessionato dalla morte della giovane e amatissima moglie, sfrutta il suo impiego per mettersi in contatto con lei. Il lavoro lo costringe a continui traslochi, causa di sofferenza per la figlia Kat (Christina Ricci), che dovrà ambientarsi. il fantasmino Casper, quindi, non può credere ai propri occhi quando scova la ragazza nella sua stanzetta: finalmente un contatto con l'esterno, finalmente una boccata di freschezza dai soprusi cui è costretto dai suoi tre malvagi zii, Puzza, Molla e Ciccia.


Non c'è timore di affrontare direttamente certi temi, né di alternarli a buffe scena di inseguimenti o strampalati omaggi a Clint Eastwood. In Casper ciò che non compie la trama, lo fa il cast - un'istituzione degli anni '90 - per una produzione firmata da Steven Spielberg. Al di là del gusto personale, Casper è, per l'epoca, un esempio di virtuosismo della tecnica. L'evanescenza del piccolo spirito è resa alla perfezione quando il lui e Kat tentano di sfiorarsi le mani; i suoi contorni sfumati, i lineamenti morbidi e gli occhioni riflettono tutta la dolcezza del personaggio. Gli zii sono nettamente più fisici: non mangiano ma "sbranano" il cibo, si sporcano e rimbalzano; I tre spiriti riassumono il topos la crudeltà dei patrigni gretti e insensibili, tipica della letteratura per l'infanzia, e la tradizione dei fantasmi burloni che rendono impossibile la vita dei propri ospiti. In mezzo a un caos ectoplasmatico il piccolo Casper consuma il proprio dramma esistenziale: non ricorda nulla della propria vita terrena, né la propria età né il volto della madre. L'intero film si fa dunque carico con equilibrio di alcune delle più grandi paure sia infantili che umane, il timore che i propri cari cadano nell'oblio e di perdere la propria identità. E allo spettatore che abbia davvero perso la propria infanzia verrà ancora più voglia di tenersi stretti i propri ricordi, grazie a un piccolo spiritello dal cuore grande.


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