In un futuro non troppo lontano, lungo i confini di un'Australia quasi desertica, le molte risorse del pianeta sono quasi allo stremo. In questo scenario quasi post-apocalittico bande di criminali fanno il bello e cattivo tempo scorrazzando sulle autostrade e facendosi beffe dei pochi poliziotti ancora in grado di dar loro la caccia. Tra questi poliziotti c'è anche Max Rockatansky (Mel Gibson), soprannominato "Mad Max", che decide di affrontare la strada quando scopre che l'assassino di un suo compagno è in libertà . Non riuscendo più a credere nella sua missione, l'uomo pensa di abbandonare il servizio e dedicarsi solamente alla sua vita: quando però la sua famiglia viene sterminata, Max non può più voltarsi indietro. Per lui inizia una vera e propria caccia all'uomo. Interceptor – titolo scelto dalla distribuzione italiana al posto dell'originale Mad Max – è una pellicola che già al primo sguardo mette in evidenza la sua produzione a basso costo. Senza che questo disturbi. L'aria un po' sciatta, che a volte rischia di ondeggiare verso il kitch, ha l'effetto di snaturare il film da qualsiasi fronzolo stilistico, lasciando in bella mostra solo il cuore pulsante dell'operazione filmica. Il regista George Miller racconta una storia con qualche elemento legato all'universo post-apocalittico e distopico ma, pur non avendo probabilmente i mezzi per raffigurare questo mondo distrutto, riesce a raccontare di un'umanità ormai ridotta allo stremo che è sopperita sotto il peso sferzante di una criminalità ormai dilagante. L' Apocalisse raccontata da Miller non la si deve dunque ricercare nei profili modificati di un'Australia quasi tentacolare, quanto piuttosto negli uomini che vengono messi in scena: tutti, in qualche modo, corrotti. I personaggi che si muovono intorno al protagonista, infatti, presentano – sebbene in misura differente – zone d'ombra che sembrano in grado di divorare anche il poco di luce che è rimasto. Protagonista indiscusso, naturalmente, è il Max che dà il titolo alla pellicola e che ha avuto il merito di lanciare Mel Gibson nell'olimpo di Hollywood. Un uomo ancora in qualche modo innocente, puro, che si muove spinto dai propri ideali di giustizia e lealtà . Un uomo che sembra ricordare il confine tra bene e male, tra giusto e sbagliato. Tuttavia viene il momento in cui l'eroe – come nella migliore tradizione – arriva a dubitare non tanto di se stesso, quanto della missione che è chiamato a ricoprire. Ed è qui che si apre una riflessione che rende la pellicola decisamente interessante. A cosa serve combattere? Può un uomo solo mettere fine a un male serpeggiante che sembra non avere punti deboli? Ha veramente senso cercare la giustizia e quella legge che, almeno in teoria, dovrebbe essere uguale per tutti? Max non ha risposte per queste domande: quello che conosce è solo lo sdegno che lo spinge, per un momento, a dimettersi, a scappare da qualcosa che ormai non riesce più a capire. Il destino però ha in serbo per lui un'altra strada, un sentiero che porta il film lungo i binari più conosciuti dell'azione e della vendetta e che rendono Interceptor un dignitoso prodotto di intrattenimento.