Max (Mel Gilbson), ex poliziotto che ha assistito al disfacimento della propria vita, si muove ormai privo della sua macchina identificativa mentre intorno a lui la civiltà cerca un modo per riemergere dalla morte arida che l'aveva schiacciata. Il protagonista arriva dunque a Bartertown, una città in mezzo al deserto, e qui, per salvarsi la vita, decide di stringere un patto con la sua regina (Tina Turner): dovrà uccidere Master (Angelo Rossitto), un nano che dirige la centrale elettrica e che vive protetto dal possente Blaster (Paul Larsson). Il duello tra l'(anti)eroe e la guardia del corpo dovrà avvenire nella sfera del tuono, una sorta di arena in cui si deciderà il destino due duellanti. Tuttavia Max scopre che le apperenze ingannano e una scoperta dell'ultimo minuto lo porterà a rompere il patto con la regina, costringendolo poi a scappare tra le braccia di ragazzini senza genitori che vagano alla disperata ricerca di una speranza per il domani. Con Mad Max: oltre la sfera del tuono si chiude la prima trilogia dedicata al poliziotto Max ideata da George Miller. La sfida per questo terzo episodio non era facile: il regista, infatti, veniva dall'esaltante secondo capitolo, sequel che era riuscito a mettere in ombra il primo Mad Max, riscrivendone le regole e dando vita a un vero e proprio filone che è stato in grado, negli anni successivi, di influenzare molteplici forme d'arte: dal cinema alla tv, dai libri ai fumetti. Con questo bagaglio alle spalle e le aspettative degli spettatori alle stelle, George Miller doveva creare in qualche modo un universo che non sfigurasse davanti al precedente. Sfida, questa, che purtroppo riesce solo in parte. Nelle scelte scenografiche così come nelle costruzioni delle immagini, Miller dimostra ancora una volta di avere una potenza creativa senza limiti, in grado di travalicare i concetti stessi di deja-vu. Il regista si rinnova in continuazione, non somigliando mai a se stesso e, allo stesso tempo, creando un collegamento tra passato e presente che appare sempre coerente e mai forzato. A questo si aggiunge una fotografia ancora una volta strabiliante, ancora una volta capace di tenere alto il livello della pellicola. Dove, invece, questo terzo capitolo sembra zoppicare di più è nello sviluppo del racconto: da metà film in poi la troppa carne al fuoco sembra disperdersi, a volte senza nessuna connessione di tipo logico. Le molte idee si affollano davanti agli occhi dello spettatore che finisce ben presto per esserne saturo.