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Anomalisa

13/09/2015 10:00

Valentina Pettinato

Recensione Film,

Anomalisa

Anomalisa è una crasi bellissima, composta da "Lisa", nome della co-protagonista (team leader di un call center timida e complessata) e "anomalia", qualcosa di

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Anomalisa è una crasi bellissima, composta da "Lisa", nome della co-protagonista (team leader di un call center timida e complessata) e "anomalia", qualcosa di "non riconducibile al prototipo di una classificazione o al normale svolgimento di determinate funzioni". Benvenuti a Cincinnati, al Fregoli Hotel, gremito di ospiti per la presentazione del libro del famoso motivatore Michael Stone, autore del saggio di successo "How May I Help You Help Them?", che insegna come incrementare la produttività dei customer care. L’autore arriva in hotel ma non riesce a trovare pace, ha come un’inquietudine che lo porta a infilare una serie di situazioni patetiche dietro l’altra: tenta l’approccio con una ex che non vede da anni; va alla ricerca di un regalo per il figlio ma finisce in un sexy shop; si ubriaca, rientra in albergo ed è attratto da una voce. Vaga di porta in porta finché non incontra Lisa, sua fan giunta lì proprio per conoscerlo.


Charlie Kaufman, grazie al crowdfunding, porta in concorso al Lido un’opera interessante e libera da vincoli di produzione. Tutto si svolge in poco più di un giorno: assistiamo all’incontro di corpi imperfetti, ma non per questo meno attraenti. I corpi non sono umani, Anomalisa è un film in stop motion. E ne siamo felici perché senza le potenzialità del mezzo questa storia non sarebbe stata la stessa cosa. Si parla di solitudine e di un bisogno ancestrale di empatia, condivisione, che spesso viene sepolto sotto le ceneri della rassegnazione ma che può essere risvegliato con niente. Anomalisa sceglie di rappresentare ciò che di malinconico c’è nel dolore, che può trasformarsi in autolesionismo. È un film incentrato sulle maschere, sul viso, così simile a un viso umano. Diversi pupazzi, ma hanno tutti lo stesso volto, replicato all’infinito in una sciarada di copie inquietanti. Non importa il genere, non importa l’età: i tratti somatici, le maschere, sono le stesse. Kaufman ci trascina in una nuova dimensione, che scopriamo quasi subito ma che ci stupisce con effetti speciali. Non è realtà ma nemmeno finzione: è apologia della diversità e rappresentazione mediatica dell’anaffettività.


Dopo Synecdoche, New York, Kaufman propone un’opera in bilico tra realtà e animazione, sconveniente e a tratti irriverente. Il tempo che passa sui corpi, lascia il suo segno nelle imperfezioni, nel sesso impacciato e riempie questa pellicola di un senso di verità conferendo all’animazione dinamiche nuove, non solo introspettive ma anche spudoratamente sincere. Un realismo fantastico quello di Kaufman, opera di denuncia della massificazione, resa magistrale attraverso la rappresentazione sonora: tutte le voci di donna hanno un timbro maschile, tranne Lisa-Anomalisa. Le patologie psicologiche - la depressione - non costituiscono più un tabù: l’hotel Fregoli, il cui nome ricorda un disturbo mentale, è una dimensione in cui persone identiche, spogliate di una propria identità, transitano una all’interno dell’altra, fino a riconoscere nelle proprie "anomalie" l’unico rimedio per ritrovare definitivamente, forse anche drammaticamente, se stessi.


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