Per Natale, Billy (Zach Galligan) riceve un insolito regalo: si tratta di un mogwai, chiamato Gizmo, che è stato trovato da suo padre in un bizzarro negozio di chincaglierie a Chinatown. Le regole cui attenersi sono quelle di non esporlo mai alla luce, che potrebbe farlo innervosire (o potrebbe ucciderlo), non farlo mai bagnare per non dar via al suo ciclo riproduttivo e non nutrirlo mai dopo mezzanotte. E, ovviamente, tutte e tre le regole verranno trasgredite. Negli anni ’40 Isaac Asimov metteva per iscritto le sue famose tre leggi della robotica, secondo cui un robot non avrebbe mai e poi mai dovuto disobbedire a un essere umano. Nel caso in cui fosse successo, questo sarebbe stato il primo sintomo di un robot difettoso che avrebbe certamente arrecato problemi al suo creatore e, in più vasta scala, all’umanità. La prima cosa che fa Joe Dante con il suo Gremlins è prendersene gioco: chi trasgredisce le tre regole, qui, non è la creatura bensì l’umano; naturalmente lo fa per mera sbadataggine, ma comunque ottiene lo stesso risultato del ribelle robot asimoviano. Joe Dante, al suo sesto lungometraggio, dissacra la più intoccabile delle feste e lo fa senza risparmiarsi niente: sotto la direttiva di Steven Spielberg, produttore esecutivo, dipinge un paese dei balocchi inquadrato in una cartolina natalizia, ma senza che nessuna lucina ne rischiari l’oscurità blu e onnipresente. Gremlins è la giusta, contrapposta ma soprattutto necessaria, risposta alla schiera di film buonisti, trascinati dagli spielberghiani (guarda caso) E.T. e Incontri Ravvicinati del Terzo Tipo, che agli inizi degli anni ’80 rischiavano di omologare il cinema fantascientifico e non solo. Bilanciando ineccepibilmente commedia e orrore, il regista equilibra l’ansiogena attesa scandita da movimenti e versi nell’oscurità - che tanto ricordano quelli dei demoni raimiani che infestano La Casa - con la scarica di risate che seppellirà lo spettatore in splendide sequenze come quella all’interno del cinema in cui viene proiettato “Biancaneve”. Come fiocchi di neve i riferimenti cinematografici di Dante scendono su Gremlins: da L’Invasione degli Ultracorpi - con tanto di bozzoli (che strizzano l’occhio anche all’Alien di Scott - a L'uomo che visse nel futuro; dall’influsso di Mario Bava, palpabile nella scelta d’illuminazione dei fumi che fluttuano durante le metamorfosi delle creaturine, fino a La Vita è Meravigliosa a Il pianeta proibito. Non manca nemmeno un metodo hitchcockiano per sconfiggere il piccolo molesto nemico. E, nonostante il semplice lieto fine, non c’è nulla per cui sorridere: se il malvagio Ciuffo Bianco viene polverizzato e sconfitto, le ipocrisie e i perbenismi di una società disorganizzata e superficiale sono stati messi a nudo, facendosi negativi protagonisti. Il dito di Joe Dante è puntato su scienziati, sceriffi, polizia, adolescenti e nessuno può tirarsi indietro dal fronteggiare i propri errori in una sciagura di cui si avverte la portata solo tramite radio e tv, ma di cui seguiamo i passi mediante una lotta “privata”, intestina. Un po’ ciò che farà Spielberg, anni dopo, con la sua versione de La Guerra dei Mondi, ottenendo risultati meno convincenti. L’abusato discorso del “chi è più cattivo” non si risolve più mediante l’ampollosità di una retorica ipocrita, bensì tramite un crescendo di zampillante cattiveria gratuita che fluisce senza orpelli e sgorga nel punto in cui vince solo chi è più spietato. L’invasione aliena che non trova continuità nei film a stampo spielberghiano qui è, invece, violenta, e l’estraneo desidera il controllo su una nuova Terra che, nel frattempo, fracassa e schernisce. E se in quei film beffeggiati la musica è messaggio, ancora da decriptare, di pace e armonia, in Gremlins è un canto natalizio che, sulle sporche note intonate da un giradischi, diviene presagio di un’imminente catastrofe. Gremlins, insomma, a Natale si maschera da favola per bambini, ma infesta le loro case per recapitare un messaggio di considerevole importanza con estrema semplicità. Se Joe Dante deve a Spielberg il suo Piranha, derivativo e parodistico de Lo Squalo, deve poi ringraziare se stesso per aver cambiato il destino di un cinema sulla brutta strada dell’uniformità e aver reso il suo Gremlins il nuovo capostipite dei film a tema “mostriciattolo”, plasmando un’impeccabile fusione di horror, fantasy, fantascientifico e comico che non può avere nome o catalogazione se non, semplicemente, quello di genere “à la Joe Dante”.