Cina, 1940: il contadinotto Niu Er scopre una mucca che riesce a produrre ingenti quantità di latte. Proprio per questa dote, diventerà importantissima per il suo villaggio, e sarà compito di Niu Er (Huang Bo) proteggerla. E lui, sempliciotto ma animato da un profondo senso del dovere, manterrà fede al suo incarico anche quando tutto il villaggio verrà distrutto dalle truppe giapponesi. Col passare del tempo, complici la solitudine ma anche una condizione e un destino comuni, fra Niu Er e la mucca comincerà a crescere un sentimento d'amicizia. La fascinazione di Dou niu non sta tanto nella parentesi storica (la faccenda del villaggio e delle truppe giapponesi viene risolta in tempi relativamente brevi); piuttosto, nel saper parlare dell'infinitamente grande partendo da basi piccole. «La mucca è l'animale che probabilmente meglio rappresenta il carattere del popolo cinese: goffa e silenziosa com'è, rappresenta l'onestà e la perseveranza, virtù esistite principalmente nel cuore degli umili contadini che sfortunatamente sembrano appartenere al passato» come afferma Guan Hu, regista televisivo sconosciuto al di fuori del suo paese. L'elemento principale del film, quindi, è costituito dal capace tratteggio del rapporto fra l'uomo e l'animale: raccontato con ironia, lirismo e soprattutto intelligenza, senza franare in un sentimentalismo che sarebbe stato fuori luogo. Simpatico e strampalato come i suoi protagonisti, questo piccolo film - tutto recitato nel dialetto cinese Shandong - è riuscito a convincere il pubblico veneziano (presentato nella sezione “Orizzonti”) ben più di altri lavori dagli intenti fin troppo ambiziosi.