Alex Infascelli, romano, classe ’67, tra serie tv di successo e apparizioni come vee jay per MTV Brand: New, nel 2015 gira il documentario sulla lunga amicizia trentennale tra Stanley Kubrick e Emilio D’Alessandro, S is for Stanley, tratto da Stanley Kubrick e me (editore Il saggiatore). Avvalendosi della colonna sonora originale di John Cummings, storico chitarrista dei Mogwai, e dei maestri di fotografia Gigi Martinucci e Edoardo Carlo Bolli, il resoconto delle avventure quotidiane del regista più amato/odiato degli ultimi tempi viene presentato alla Festa Del Cinema di Roma, entrando di diritto nella cinquina dei Nastri d'Argento e acquisito da Ratpac Entertainment (The Revenant) per una distribuzione negli Stati Uniti. Per gli appassionati del genere è un piccolo cult da non lasciarsi sfuggire, un film evento per conoscere a fondo due uomini apparentemente diversi ma alla fine molto simili tra loro. Infascelli ha scoperto la storia di D’Alessandro parlando nel 2008 con la vedova del cineasta, Christiane, per uno speciale su Arancia Meccanica. Poi quando è uscito il libro di Filippo Ulivieri su di lui, Alex ha voluto conoscerlo, andando a Cassino (il suo paese natale, dove è tornato a vivere con la moglie) e parlandogli dell’idea di girare un documentario sulle loro vite. Nel marzo nel 2014 Infascelli ritrova Emilio decidendo di riportare l’anziano pilota a Chiddick, dove sette anni prima aveva sentito parlar di lui per la prima volta. I due uomini non superano il cancello d’ingresso, Emilio non se la sente: Stanley non era più lì, ma nel suo cuore saranno insieme per sempre. Il narratore Infascelli e la voce di Roberto Pedicini prestata a Stanley Kubrick ci portano per mano a ripercorrere la storia di due uomini conosciuti per caso, ma diventati intimi nel giro di pochi mesi. L’affetto e la stima di S (così si firmava Stanley nei numerosi bigliettini lasciati al pilota) per Emilio vengono esibiti nel 1999 da una serie di omaggi che il cineasta gli fece nel suo ultimo film, Eyes Wide Shut, assumendo moglie e figlia dell’amico come comparse, e dando il suo nome al bar dove il cast si recava abitualmente dopo le riprese. Emilio D’Alessandro conosce Stanley Kubrick nel 1971, per caso, quasi un gioco del destino. Si era trasferito a Londra in cerca di fortuna, e nel frattempo trovò l’amore della sua vita, Janette. Diventato pilota di formula four con eccellenti risultati, purtroppo l’attività non gli permetteva di mantenere la famiglia, così Emilio decise di mettere il suo amore per le auto al servizio della comunità come autista di taxi. La sua guida pratica e spavalda fece si che un giorno lo mandassero, durante una tormenta, dall’altra parte della città a consegnare un pacco su un set... un enorme fallo! Il set era quello di Arancia Meccanica e il giovane regista americano rimase così colpito dalle sue doti da assumerlo come autista personale. Da qui l’inizio della loro decennale collaborazione. Il rapporto cresce in fretta e il pilota frequenta assiduamente il nuovo centro nevralgico dell’arte di Kubrick, la dimora di Abbots Mead. Diventato una spalla sempre presente per Kubrick, geniale quanto nevrotico, nei racconti di Emilio traspare la figura di un uomo eclettico e sperimentale, il futuro maestro del cinema non convenzionale si sta formando sotto i suoi occhi. Intanto nel 1975 esce Barry Lyndon, il monumentale film in costume costato anni di lavorazione, e il nome di S è ormai conosciutissimo. Nel 1979 il bisogno di tranquillità spingono amici più stretti e faccendieri nelle campagne fuori Londra, a Childwick Bury, sede di una tenuta diventata poi di interesse pubblico. Non si conosce molto della vita personale di Kubrick, ma è di dominio pubblico la sua maniacalità , che esce fuori potente nel documentario. Stanley, fondamentalmente, era convinto che la vita dovesse essere un'opera d'arte, infatti girò pochi film ma nel mezzo vi era la sua vita tormentata da vivere sempre sulla cresta dell’onda. E questo fu proiettato su Emilio totalizzando la sua vita: veniva chiamato di continuo, non esisteva riposo. L’esigenza simbiotica che richiedeva il regista fu così pressante che Emilio dovette staccarsene per dedicarsi alla famiglia. Torna a vivere a Cassino con la moglie, mantenendo però frequenti contatti telefonici con Stanley. Solo nel 1996 i due amici s’incontrano a Londra, ed è come se il tempo si fosse fermato. Stanley racconta dell’empasse in cui si è trovato, bloccando da anni la lavorazione del suo ultimo capolavoro, Eyes Wide Shut. Con la promessa di girare insieme quest’ ultimo successo (Kubrick era gravemente malato) passarono altri due anni di lavorazione in totale simbiosi. Solo il primo marzo del 1999 la prima versione per i dirigenti della Warner Bros è pronta, ma la salute di S ormai è precaria. Morirà poco dopo, lasciando a Emilio l’ennesimo post it di ringraziamento: «Ti voglio bene, S».