Pericle Scalzone, detto Il Nero (Riccardo Scamarcio), è un uomo solitario e feroce che regola i conti per il camorrista Don Luigi (Gigio Morra). Pericle picchia, ferisce e umilia i colpevoli, fino a quando un giorno non commette un errore che gli costa l'esilio. Qui incontra la dolce Anastasia (Marina Fois), con la quale prova a costruire una nuova vita.
Qualcuno deve avere convinto il cinema italiano che Riccardo Scamarcio sia l'attore adatto a interpretare “il cattivo”. Eppure né l'esordio nel teen movie né le deludenti esperienze crime – dal suo personaggio in Romanzo Criminale alla recente parte ne La verità sta in cielo - sembrano avere confermato la vocazione drammatica dell'attore pugliese. Piuttosto, film come L'uomo perfetto, Mine Vaganti e Una piccola impresa meridionale hanno svelato un inaspettato talento comico che varrebbe la pena coltivare. Questo excursus sull'attore è inevitabile dal momento che Pericle Il Nero, adattamento dell'omonimo romanzo di Giuseppe Ferrandino, si basa interamente sul personaggio del protagonista. Pericle è in effetti un personaggio decisamente poco nostrano: sembra appartenere alla tradizione del noir francese o al gangster movie più pulp. E, infatti, nel passaggio dalla pagina scritta al grande schermo tutto il fascino ferino di questo criminale si è perso. Pericle il picchiatore, che sodomizza le sue vittime, un uomo solo e deviato, diventa nel film di Stefano Mordini uno dei tanti personaggi affidati a Scamarcio: il delinquente dagli occhi dolci, in cerca di redenzione.
La favola non convince sin dai primi minuti. Se l'ambientazione è credibile, e la fotografia molto bella, lo stesso non si può dire dell'accento napoletano di Scamarcio e della scelta - persino più discutibile - di usare il francese nella seconda parte del film. A tutti quelli che sono stanchi di storie ambientate fra la malavita made in Italy, Pericle Il Nero non aggiunge molto altro se non una storia criminale uguale a tante altre. E se il vero tema non è il carattere animalesco di Pericle, su cui il presunto buon gusto cinematografico preferisce glissare, occorre allora domandarsi quale sia in effetti il punto di questa vicenda in cui non c'è abbastanza azione e neanche troppo sentimento; sufficiente introspezione ma poca chiarezza sui contenuti e sul pubblico di riferimento.