Jean (Pio Marmai), Juliette (Ana Girardot) e Jeremie (Francois Civil): tre fratelli uniti da un legame indissolubile, eppure così diversi. I rapporti tra loro non sono dei migliori, come in ogni famiglia quando le tensioni diventano ingestibili. Ma dopo aver preso strade diverse, si ritroveranno insieme a causa di un evento spiacevole: la scomparsa del padre, che ha lasciato loro in eredità un vigneto in Borgogna. L’attività familiare dovrà continuare e nelle coscienze del trio si insinua il dubbio se valga o meno la pena ripartire da dove il padre – a causa di una malattia terminale – aveva concluso. Cèdric Klapish resta affascinato dalla Borgogna e matura – al pari del buon vino che si produce in quella parte della Francia – un dramma familiare con sprazzi di commedia. Ritorno in Borgogna parte da un trentenne che, malgrado gli anni passati in famiglia, con l’andare del tempo non ha saputo sviluppare appieno un legame con i suoi fratelli. Proprio la consapevolezza di questa distanza l’ha portato, non appena ha avuto l’occasione, ad allontanarsi e a mettere un muro col passato. Anche se significava rinunciare alle sue radici. Quando sembra aver trovato una sua dimensione e quadratura, Jean – protagonista della vicenda – viene scosso dalla morte del padre: questo momento di dolore, che già è difficile da accettare, si somma alla concreta possibilità di doversi ricongiungere per forza di cose con i suoi fratelli. C’è una vigna da mandare avanti, un’eredità da coltivare e delle volontà da rispettare. Tre figli, un obiettivo comune, parecchie indecisioni dettate dall’acredine e dai conflitti irrisolti, accumulati negli anni come acini d’uva. Il vino è buono quando invecchia, non può dirsi lo stesso dei rapporti umani: man mano i caratteri si saldano ed è sempre difficile smussare gli angoli e le ragioni di ogni divergenza. Il vino occupa un ruolo centrale in questo film, proprio perché ogni vendemmia – e, quindi, coltivazione – si basa sul tempo. Quello frenetico, lento e inesorabile che può avvicinarci o allontanarci dai nostri cari. Quello che va speso se si vuole seminare un buon raccolto, con la consapevolezza che ogni attimo potrebbe essere fondamentale e, clamorosamente, irripetibile. In particolar modo quando si tratta di dover manifestare il bene a una persona cara, sfruttare ogni occasione utile diviene necessario, dal momento in cui il tempo – che sembra essere perennemente a nostra disposizione – potrebbe esaurirsi inesorabilmente. Allora, a quel punto, ogni parola o gesto sarebbe superfluo. Ritorno in Borgogna racconta del diventare adulti e trovare la catarsi grazie al sopraggiungere delle responsabilità . L’età adulta sorprende uomini e donne quando ci si rende conto di non avere più i propri genitori come riferimento o rifugio. A quel punto, restano soltanto i loro insegnamenti che vanno decantati come un buon calice assaporato in una sera d’inverno. Questo film incarna, attraverso il dramma e qualche momento di solarità , la consapevolezza che ogni legame non è altro che il preludio di una serenità necessaria quando viene a mancare il sostentamento che fornivano un padre e una madre, seppur soltanto con la loro presenza. In barba alle distanze, ai rimpianti e alle incompatibilità . Una fotografia del passato che si interseca fino a incontrare il presente, capace di partire dalle cantine per arrivare ad elevarsi verso la profondità delle anime.