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Suddenly

21/01/2018 11:00

Enrico Bulleri

Recensione Film,

Suddenly

Un film di spigolosa consapevolezza politica

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In viaggio verso la dimora delle vacanze, il Presidente degli Stati Uniti fa una breve sosta nella remota cittadina di Suddenly. I servizi segreti scendono in città poche ore prima per stabilire le misure di sicurezza, in collaborazione con il capo della polizia locale Grant (Garry Chalk) e con i suoi due ufficiali Reg Anderson (Brendan Fletcher) e Tod Reed (Ray Liotta). Ma un gruppo terroristico, interno alla stessa NSA, vuole cogliere l’occasione offerta dalla breve sosta: così invia un trio di agenti traditori - Baron (Dominic Purcell), lo spietato Wheeler (Tyron Leitso) e Conklin (Michael Paré) - ad abbattere il Presidente.


Remake (non riconosciuto apertamente nei titoli) dell’oramai cultuale omonimo film del 1954 diretto da Lewis Allen, con Frank Sinatra, Sterling Hayden, James Gleason e Nancy Gates, Suddenly non è tra i film migliori degli ultimi, sorprendenti, dieci anni del cinema di Uwe Boll, che da due anni ha annunciato ufficialmente il proprio ritiro. I difetti più irritanti sono gli innumerevoli errori di continuità, se non di logica; ma Boll riesce comunque a infondere alla storia un po’ di pathos e un minimo di spessore drammatico al passato comune dei personaggi. Nel complesso la regia è in questa prova piuttosto sciatta, forse a causa dell’umore stesso di Uwe Boll, sul punto di terminare la propria carriera registica (avrebbe però diretto ancora Assalto a Wall Street, sempre con Dominic Purcell protagonista, forse il film migliore della sua carriera).


Ma anche in Suddenly, perseverando nella visione, ci sono delle buone cose. Ray Liotta si trasforma per una delle sue più riuscite interpretazioni - una delle migliori da protagonista - nei panni del veterano di guerra ubriaco che riscopre il proprio valore; buone prove anche quelle di Cole Coker, Don MacKay, Erin Karpluk, del ritrovato Michael Paré e soprattutto di Dominic Purcell. Motivo di genuino interesse resta, nonostante i diversi balbettamenti, anche la sceneggiatura. Raul Inglis rielabora il film dal suo modello originale non solo in termini di piccoli cambiamenti di trama, ma anche nelle motivazioni di base dei cattivi. Un po' come per l’originale Và e uccidi del 1962, del grande John Frankenheimer, e del suo moderno remake The Manchurian Candidate (2004) di Jonathan Demme: un film paranoico sul Pericolo Rosso viene reinventato come un avvertimento sulla “minaccia interna". Anche questa versione di Suddenly, nel parlare di terrorismo domestico di estrema destra, fa un passo in avanti rispetto ai temi dell'originale.


Questa intenzione è riassunta nella scena in cui il personaggio di Dominic Purcell accarezza la bandiera e spiega la propria ideologia: «Se siamo pronti a fare tutto il possibile per raggiungere i nostri obiettivi, allora il popolo americano potrà ergersi alto e fiero ancora una volta. E l'America potrà riconquistare il suo legittimo posto come il più grande paese della terra». Una retorica fin troppo familiare di questi tempi. Il “messaggio” interessante del film è che bisogna guardare al terrorismo nazionale di estrema destra piuttosto che agli sforzi destabilizzanti di una qualche potenza straniera. E l'implicazione diventa specifica quando il Presidente (Chris Shields) fa la sua breve apparizione: è chiaramente inteso come una rappresentazione di Obama. E questa spigolosa consapevolezza politica fa valere a Suddenly i suoi novanta minuti.


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