
Viviamo dentro scenari di fantascienza senza saperlo, proiettati in realtà così stranianti e bizzarre che, se solo alzassimo gli occhi verso il cielo, se soltanto ci vedessimo dall'alto, potremmo forse rendercene conto. Una luna chiamata Europa mantiene in apertura atmosfere atemporali e "lunari", appunto, per poi prendere la deriva di una realtà che più racconta se stessa e più diventa surreale e alienante. Ogni esodo, ogni viaggio disperato è un percorso verso l'ignoto, irto di pericoli, alla ricerca della luce. Un folto gruppo di rifugiati di varie nazionalità - uomini, donne e bambini - cerca di varcare la frontiera ungherese, ma viene scoperto dalla polizia. Chi cade in acqua, chi fugge, chi annega. Un padre e un figlio si separano e il ragazzo, Aryan (Zsombor Jeger), viene colpito in pieno petto dai proiettili. Mentre muore, accade qualcosa: da quel momento in poi, può dominare a suo comando le leggi della forza di gravità; è capace di volare sollevandosi al di sopra della terra. Sopravvive, ma non è invulnerabile alla paura, al freddo, alla solitudine, ed è braccato dalla polizia di frontiera. Nel frattempo un terrorista si appropria del suo documento di identità e di quello del padre. Il cinico medico Gabor Stern (Merab Ninidze), dalla carriera stroncata per un errore passato, intravede la possibilità di arricchirsi (e pagare un misterioso debito) grazie ai poteri del ragazzo. Il regista ungherese Kornel Mundruczo, pluripremiato a Cannes, descrive un'umanità meschina, corrotta, incapace di guardare oltre il proprio interesse; gravata, imprigionata e ancorata alla terra dal peso del proprio piccolo ruolo. Una luna chiamata Europa non è un film che ambisce a raccontare il dramma dell'immigrazione clandestina e non ci sono personaggi buoni e personaggi cattivi. Il dottor Stern è un antieroe maldestro che pensa di ricavare qualche soldo dall'incontro col ragazzo; il poliziotto László (Gyorgy Cserhalmi), che insegue lui e Aryan, fa il proprio lavoro, interdetto e impaurito dall'incontro con il “magico” e il “divino”. Persino di fronte al sovvertimento delle leggi naturali, all'incontro con una figura mistica di angelo, messaggero del divino, l'umanità non riesce a elevarsi oltre le sue miserie, tentando di sfruttare e manipolare nel nome dei propri interessi. Una luna chiamata Europa è un film profondo e mistico che va affrontato con umiltà perchè non segue preconcetti e percorsi prestabiliti. E pazienza per il ritmo lento, da incubo o da sogno a occhi aperti, che senza moralismi o risposte, invita a guardare oltre, ad alzare gli occhi anche verso l'alto, per poter vedere veramente. Solo liberandosi dal peso della paura l'umanità potrà finalmente librarsi. Kornèl Mundruczò sceglie di guardare tutto dal punto di vista di una delle lune di Giove, nel cui sottosuolo ghiacciato di dice possa esserci un oceano di acqua salata, culla di forme di vita, ed il cui nome è Europa. Sotto il suo suolo ghiacciato c'è ancora la vita? Per dirla alla Pier Paolo Pasolini: «C'è forse vita sulla Terra? C'è forse vita, nella guerra?».