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Predator

03/08/2010 11:00

Valerio Ferri

Recensione Film, predator, AvsP,

Predator

Il tema dell’alieno ha avuto un ruolo da protagonista nell’immaginario collettivo per quasi tutto il ventesimo secolo e le premesse sembrano confermare questa t

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Il tema dell’alieno ha avuto un ruolo da protagonista nell’immaginario collettivo per quasi tutto il ventesimo secolo e le premesse sembrano confermare questa tendenza anche agli albori del primo millennio. UFO, incontri ravvicinati, cerchi sul grano: sono espressioni ormai entrate nel linguaggio quotidiano; eventi e circostanze spesso inspiegabili sui quali nemmeno gli strumenti recenti più all’avanguardia hanno saputo far luce, ma elementi percepiti come reali e tangibili, più di qualsiasi credenza superstiziosa o pseudoreligiosa. Senza dubbio un canovaccio molto appetibile per l’industria del cinema ed un fenomeno su cui le pellicole stesse hanno contribuito notevolmente a catalizzare l’attenzione del grande pubblico. Fatta eccezione per il primo dopoguerra e la Guerra Fredda, in cui l’altro era rappresentato dal blocco avversario, la figura dell’extraterrestre ha subito un’evoluzione abbastanza sottile dagli anni settanta fino ai giorni nostri. Il dato curioso è che nella stragrande maggioranza dei casi le sue sembianze sono assimilabili alla famiglia dei rettili e che il genere più sfruttato a tal proposito è stato indubbiamente l’horror fantascientifico, con la paura e il terrore verso una razza spesso aggressiva e minacciosa a dominare la scena. Basti pensare al primo storico Alien di Ridley Scott, capostipite di un filone all’interno del quale si incastrano alla perfezione lo stesso Predator e gli svariati crossover successivi – un copione comunque canonico anche nelle parodie, a cominciare da Mars Attacks! di Tim Burton.


Una squadra speciale di salvataggio, capitanata dal Maggiore Dutch (Arnold Schwarzenegger), viene reclutata dalla Difesa degli Stati Uniti e inviata in una giungla dell’America Centrale per quella che dovrebbe essere una missione di recupero di alti esponenti del governo. L’unico nemico da affrontare sembrano i guerriglieri della zona, ma a complicare le cose entrano in gioco l’ostile conformazione del territorio e soprattutto la minaccia di una creatura sconosciuta.


La presenza di Schwarzenegger nel cast è emblematica: l’azione, quella puramente americana, è l’essenza della trama, sebbene non così caotica e frenetica visti gli standard. Il plot si porta appresso numerose lacune e forzature, a cominciare dall’artificiosità con cui si sposta il mirino dai guerriglieri nella prima parte al predator nella seconda. Entrambe le storie lasciano per strada dettagli rilevanti, tanto da scontentare anche lo spettatore meno insaziabile. A compensare il tutto ci si aspetterebbe quantomeno una tensione da tagliare a fette e la suspense tipica del genere, ma né gli interpreti né una musica alla lunga troppo piatta e ridondante sembrano in grado di evitare la presenza di numerosi momenti morti. Ciò che conferisce alle due ore un po’ di appeal non può che essere il predatore stesso, l’unico vero protagonista della vicenda capace di risollevare le sorti del film. Anche nel suo caso, ben poco ci è dato sapere; non resta che ammirare la sua potenza sovrumana, i suoi (rari) palesamenti e gli strabilianti effetti speciali – tuta dell’invisibilità in primis. Fortunatamente l’azione si risveglia un po’ nel finale e Schwarzenegger torna il Rambo che conosciamo; un grazioso bijou per i fan storici del “vecchio” Arnold, ma non basta.


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