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American Life

08/12/2010 11:00

Erika Di Giulio

Recensione Film,

American Life

C’era una volta American Beauty e un esordio...

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C’era una volta American Beauty e un esordio. C’era una volta un premio Oscar e un inglese che sapeva parlare d’America. C’era una volta il dramma. Poi il cambio d’abito e la conferma di un autore. Presentato all'Edinburgh International Film Festival, American Life (Away We Go - Andiamocene via) è l’ultima fatica di Sam Mendes. Una commedia attuale e romantica. Giovane e piena di speranza. Un road movie inconsueto ad esplorare il presente in un forte desiderio di pace e stabilità. Oltre che di famiglia.


Burt (John Krasinski) e Verona (Maya Rudolph) sono una coppia di trentenni in attesa del primo figlio. Da sempre innamorati, vivono felicemente nella loro vecchia casa da studenti, finchè ricevono una notizia improvvisa e sconvolgente: gli eccentrici genitori di Burt, Jerry e Gloria (Jeff Daniels e Catherine O’Hara) annunciano che lasceranno il Colorado per trasferirsi in Europa. A questo punto viene a cadere l’unico motivo per cui i giovani avevano deciso di stabilirsi lì. Intraprendono così un avventuroso viaggio attraverso Stati Uniti e Canada visitando amici e parenti, in cerca del luogo migliore dove far nascere e crescere la figlia. Uno spazio identitario in cui la piccola possa sentirsi circondata dall'affetto della sua famiglia. Somigliano tanto a due simpatici eroi dickensiani sulla strada, in un percorso ambizioso nel somewhere che li condurrà, volando di casa in casa, ad osservare gli altri, spiando vite ed insuccessi e guadagnando nuove consapevolezze. In American Life, Burt e Verona si confrontano con diverse mutazioni dei rapporti affettivi. Scoprono realtà bizzarre e patologiche, famiglie tristi e comiche, unioni grottesche e soffocanti. E alla pazzia dilagante contrappongono l’ironia. La prima tappa dell’itinerario è Phoenix, dove i due trascorrono una giornata al cinodromo con l’indomita ex-collega di Verona, Lily (Allison Janney, direttamente da American Beauty), e i membri della sua famiglia, tra cui il marito Lowell (Jim Gaffigan). Una coppia logorata dall’unione. Folle e rassegnata. Poi è la volta di Tucson, dove fanno visita a Grace (Carmen Ejogo), la bella e infelice sorella di Verona.
 Una conversazione molto intima con lei, che è la sua unica parente in vita, aiuta Verona a vedere le cose sotto una nuova luce, che le tornerà utile nel Winsconsin, dove sono stati invitati a casa della “cuginetta” di Burt, che ora si fa chiamare LN (Maggie Gyllenhaal), e del suo compagno Roderick (Josh Hamilton). Dopo aver preso atto di come LN e Roderick intendono l’educazione dei figli e la gestione della casa, Burt e Verona scappano a Montreal, dove ricevono un’accoglienza più calorosa dai loro ex-compagni di college Tom (Chris Messina) e Munch (Melanie Lynskey). Anche se la casa è piena di bambini, comodità e allegria, dopo una serata a quattro, Burt e Verona si rendono conto di quante siano le frustrazioni malcelate e di come sia difficile tenere in piedi un rapporto d’amore e una famiglia. Dopo una sosta a Miami Beach da Courtney (Paul Schneider), fratello di Burt abbandonato con prole dalla moglie, il viaggio si conclude nel South Carolina. Qui il legame tra Burt e Verona può finalmente ridefinirsi e consolidarsi. In fondo la forza di Burt e Verona sta nell’imperfezione, nella defaiance. Per niente sposati, la precarietà nel lavoro, un’esistenza simpaticamente nomade e disordinata. Lei, meticcia, con la pancia troppo grossa per essere solo al sesto mese. Lui, uno scapigliato ottimista dai piedi oversize e dal pelo incolto. Sarà l’incompletezza a renderli speciali e diversi dagli altri. Il difetto a (ri)portarli verso casa. Come e dove decideranno di costruirla. Dritto al cuore dei ricordi di Verona. Tra gli alberi di frutti di gomma dell’infanzia.


American life è un film delicato e convincente, che fa poco rumore. Vivace nella giusta misura, ma mai sopra le righe. L’eco di Revolutionary Road è vivo e la linea si fa parallela e gemella. Ancora una volta una fuga dall’America con il trasferimento tanto atteso dai genitori; di nuovo rotta verso il Vecchio Continente. Il sogno infranto contro il dramma coniugale degli anni ’50, trova in American Life un’appendice naturale, cambiata di segno. Al vuoto disperato e all’inquietudine vissuta alla periferia del Connecticut con tutto il suo male di vivere, sopravvive il pieno esistenziale, l’affollamento multicolore, il disimpegno e il lieto fine dopo una serie di film drammatici (Jarhead, Era mio padre). Una giovane coppia vuole fuggire e cercare se stessa. In "Away We Go" ci riesce. Verona e Burt sono i soli a percorrere fino in fondo la Revolutionary Road mancata dalla coppia DiCaprio-Winslet. Mai vagabondaggio fu più dolce ed atteso. Un film discreto, garbato ed esibito ai minimi termini. Una creatura indipendente e selvaggia. Ben diretto e ben recitato, con dialoghi veloci e battute divertenti, la sua intensità sta proprio nell’antidivismo e nel brio del registro. Scritto da Dave Eggers e Vendela Vida, coppia di romanzieri cult di San Francisco, American Life è il primo film tratto da una sceneggiatura originale che Sam Mendes dirige dopo American Beauty. Lui che, in barba allo star system, sceglie di affidare i ruoli principali di questo suo prezioso poetico e sincero a due attori davvero convincenti, con qualche esperienza nella commedia leggera Americana, ma noti soprattutto per le fatiche sul piccolo schermo. John Krasinski, (che aveva già lavorato col regista nel film Jarhead ma che in realtà trova la sua consacrazione con The Office) e l’istrionica Maya Rudolph, (interprete brillante in diversi episodi del Saturday Night Live e in alcune commedie di successo: Idiocracy, Duplex, 50 volte il primo bacio e Un Weekend da Bamboccioni). Tutto si alleggerisce. Troupe, cast di attori creativi, budget piccolo piccolo, ritmo e velocità che impennano e permettono al regista di raggiungere la freschezza che anima il film. Una colonna sonora davvero di livello curata a sorpresa non più da Thomas Newman (che ha firmato tutti i film di Mendes da American Beauty, 1999), ma dal cantautore britannico Alexi Murdoch e costituita in gran parte da sue canzoni. E poi Velvet Underground, George Harrison e Bob Dylan.


Cantando il trionfo leggero di sentimenti positivi come la speranza, l'attesa, la paura e l'emozione di un bimbo in arrivo, American Life è un film piccolo e semplice. Alla ricerca della felicità e del luogo ideale sulle strade d’America. Dal Colorado all’Arizona, dal Canada fino a Miami. Girato quasi tutto nello Stato del Connecticut, un luogo a detta del regista dotato di una versatilità attoriale. Suggestioni wendersiane da Paris, Texas ed è quasi come se la storia si sviluppasse in una serie di cartoline. L’appiattimento dell’immagine consente una fusione più intensa dei personaggi che muovendosi, tirano a sè uno sfondo sempre rinnovato, mentre splendidi paesaggi deliziano la vista. Ogni luogo visitato è contraddistinto da una diversa tonalità cromatica. La desolazione del Colorado lascia spazio al pieno sole dell'Arizona; Montreal ha il colore del mattone e dei college, il Wisconsin è del tutto impersonale e Miami ha i toni vaporosi del pastello (una grande prova per Ellen Kuras direttore della fotografia, alla prima collaborazione con Mendes dopo Roger Deakins e il compianto Conrad Hall). Mendes continua ad esplorare la mitologia contemporanea statunitense, mischiando luci, colori e stili e accettando la sfida di un film girato in tre stati americani, con due sole sequenze in un teatro di posa. Da guardare e ascoltare.


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