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Motherland (2019): la recensione del film coming of age del regista lituano Tomas Vengris

30/12/2020 10:00

Cristiano Salmaso

Recensione Film, Film Drammatico, Film Lituania, Tomas Vengris,

Motherland (2019): la recensione del film coming of age del regista lituano Tomas Vengris

Una sorta di autobiografia del cuore, che riporta l'autore alla terra d'origine attraverso i suoi personaggi.

Viene dai paesi baltici Motherland, esordio del 2019 firmato dal giovane Tomas Vengris: il film è una sorta di autobiografia del cuore, che riporta l'autore alla terra d'origine attraverso i suoi personaggi.

Siamo nel 1992, Kovas ha dodici anni e vive a Boston con la madre Viktorija, che si sta separando dal marito. I due partono per raggiungere la Lituania, dalla quale la donna era emigrata a seguito dell'occupazione sovietica. Viktorija è fermamente intenzionata a riprendere possesso della tenuta nella quale era nata e cresciuta, ma qualcuno pare l'abbia occupata e non intenda lasciarla; un amico d'infanzia, con il quale inizia una relazione, proverà ad aiutarla, mentre sua figlia diventerà per Kovas l'unica presenza amichevole.

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In mezzo a parenti lontani in ogni senso, coetanei che vedono in lui solo “l'americano” e loschi figuri intorno alla casa della madre, Kovas vivrà un viaggio alla scoperta delle sue origini che lo farò crescere in fretta.

Non certo campione di originalità, Motherland è uno dei tanti coming of age riusciti ma non indimenticabili, che trova però fin dal principio il giusto passo e la giusta distanza.

 

Distanza che mantiene nelle soggettive, dove Kovas inizia a spiare la vita: una conversazione al telefono, un bagno notturno, l'intimità della madre. Girato tutto “di nascosto”, come se gli eventi fossero intravisti, intrasentiti: le scene ne escono così ovattate, con voci spesso distanti, che restituiscono un mondo quasi onirico e fiabesco. È l'adolescenza, confusa, sorpresa, spaesata, dalla quale la regia stessa mantiene sempre quella giusta distanza. E anche la situazione storica resta solo una cornice, suggerita e non spiegata, come se anch'essa fosse vista dagli occhi del ragazzo, che non può comprenderla con chiarezza.

Un film misurato e mai invadente, che ha il suo maggior pregio proprio nei suoi modi gentili, oltre che nei suoi impeccabili interpreti. Gioca un ruolo decisivo l'ambientazione, perchè sembra che a governare gli stati d'animo sia la sua malinconica luce. Un'atmosfera, come sospesa e carica di un'impalpabile tensione, che ricorda certe pellicole di Peter Weir (soprattutto Witness - Il testimone); ma è molto Weir tutta la direzione, nei tempi e nei modi (anche musicali).

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Motherland è un lavoro più figurativo che narrativo, dove gli umori contano più delle singole vicende: naturale quindi che, ancora più di altri, soffra la mancanza della sala di un cinema. Forse un po' povero di vero pathos, che prova a trovare nel finale. Ma è uno scalare la marcia, proprio come Kovas che guida per la prima volta, dopo aver tenuto la stessa tutto il tempo. E inevitabilmente la macchina finisce per grippare, insieme al film.


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Genere: drammatico

Titolo originale: Gimtine

Paese, Anno: Lituania, 2019

Regia: Tomas Vengris

Sceneggiatura: Tomas Vengris

Fotografia: Audrius Kemežys

Montaggio: Gintare Sokelyte, Tomas Vengris

Interpreti: Matas Metlevski, Severija Janusauskaite, Darius Gumauskas, Barbora Bareikyte, Viktorija Kuodyte

Colonna sonora: Karlis Auzans

Produzione: Studio Uljana Kim, Studio Locomotive

Durata: 96'

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