Il nuovo film diretto da Alessandro Aronadio, Era Ora, è una romantic comedy non convenzionale, presentata nella sezione Grand Public alla 17esima Festa del Cinema di Roma. Quarto lungometraggio del regista, dopo Due vite per caso, Orecchie e Io c’è, questa pellicola (scritta insieme a Renato Sannio) è una libera reinterpretazione del film Long Story Short di Josh Lawson, e ha come protagonista l’ormai consueto Edoardo Leo e una splendida Barbara Ronchi, una coppia alle prese con lo scorrere inesorabile del tempo.

Dante (Edoardo Leo) e Alice (Barbara Ronchi) sono una coppia innamorata e felice, anche se per Dante essere puntuale e dedicarsi alla sua vita privata diventa sempre più complicato.
Adeguandosi ai ritmi che il mondo lavorativo e la società richiedono per fare carriera, è trascinato da un vortice di impegni e una giornata non basta. Il giorno del suo quarantesimo compleanno arriva in ritardo alla sua festa e la mattina dopo niente è più come prima: il tempo inizia a prendere il sopravvento su di lui, costringendolo a una riflessione importante su come gestire e riprendere il controllo della sua vita.

Il cinema come scultura di attimi: «Un regista è uno scultore del tempo», scriveva un fine intellettuale e autore cinematografico come Andrej Tarkovskij, e aveva certamente ragione. La storia del cinema trabocca di film che hanno come assunto di partenza un concetto maieutico, un atto di creazione di un nuovo ritmo temporale, un invito all’abbandono di ogni confortante dimensione lineare attraverso la proposta allo spettatore di una diversa esperienza sensoriale.
Così il tempo filmico può essere un viaggio in epoche diverse; può essere un tempo distrutto; vivere un tempo altrui (pensiamo a Midnight in Paris di Woody Allen); può essere un tempo ciclico, un tempo effettivo (Boyhood di Richard Linklater); un viaggio nel tempo. Questo per dire che il tempo non solo è un concetto affascinante ma è anche un elemento narrativo importante e modalità di rappresentazione del cinema stesso: giocare con il tempo filmico, usare diversi piani temporali, inserire dei loop spazio-tempo è artificio stilistico. Questi espedienti, dosati con creatività e assecondati da un giusto montaggio possono fare la differenza e rendere un’opera davvero memorabile.

Anche in Era Ora c’è una bellissima riflessione sul tempo che scorre, un logorio della vita (post?) moderna che si avvale di un montaggio e una gestione del ritmo filmico non lineare ma esponenziale. Il racconto è un flusso di eventi che si presentano allo spettatore a una velocità disarmante; una rappresentazione contemporanea dell’esistenza che sembra quasi ascoltata a 2X come un vocale sullo smartphone.

Se c’è un merito che bisogna riconoscere ad Alessandro Aronadio è di rendere in una modalità sicuramente non banale una storia o un racconto che di banale avrebbe molto.
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Ma l’originalità nella messa in scena e l’invito a una riflessione quasi psicoanalitica degli eventi, restituisce alla pellicola un forte carattere nonostante il trattamento svagato e leggero, che rischiava di inchiodare il film in una dimensione superficiale e a una sensazione di già visto. Perché – va detto – l’originalità della pellicola non risiede certamente nel meccanismo di racconto, bensì sulla commistione tra dramma e senso di angoscia stemperati in maniera quasi surreale da un romanticismo a tutti costi: un mix sicuramente spiazzante.

Le bellissime composizioni delle inquadrature fanno perdonare qualche difetto, come il meccanismo ripetitivo che dopo un po' stanca e un finale forse non all’altezza delle aspettative. C’è però uno splendido cast al fianco dei due protagonisti (ricordiamo in tutta la loro bravura Mario Sgueglia, Francesca Cavallin e Andrea Purgatori), c’è un’ironia convincente e un viaggio alla ricerca del tempo sprecato.
Nonostante la dimensione surreale c’è anche tanto dolore, perché il racconto è tragico e comico allo stesso tempo, ma riguarda tutti noi, perché parla della vita in questo tempo e questo spazio. Se è vero che è la storia di Dante, un uomo che vuole avere il diritto di sentirsi in crisi (It's my party, and I'll cry if I want), è anche vero che è racconto universale, che ci coinvolge davvero tutti (You would cry too, if it happened to you, per citare la celebre canzone usata all’inizio del film).

È proprio in questo sentirsi partecipi del dramma, pur cercando di sdrammatizzare, in questo senso di essere spettatori di una tragedia ma ascoltando schizofrenicamente musica felice, che c’è sicuramente quel qualcosa in più che per il regista è un bel passo in avanti. Ed era ora.

Genere: commedia, romantico
Paese, anno: Italia, 2022
Regia: Alessandro Aronadio
Sceneggiatura: Alessandro Aronadio, Renato Sannio
Fotografia: Roberto Forza
Montaggio: Roberto Di Tanna
Musiche: Santi Pulvirenti
Interpreti: Edoardo Leo, Barbara Ronchi
Produzione: BIM Produzione, Palomar e Vision Distribution
Distribuzione: Vision Distribution
Durata: 109 min