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Wolfkin (2022), la recensione: l'horror di Jacques Molitor sa di già visto

01/08/2023 11:21

Marco Filipazzi

Recensione Film, Film Horror, uomo lupo, Film Lussemburgo, Jacques Molitor,

Wolfkin (2022), la recensione: l'horror di Jacques Molitor sa di già visto

Elaine è una madre single che cresce da sola il figlio Martin. Ale soglie della pubertà, il ragazzino inizia a manifestare strani atteggiamenti aggressivi.

Se esiste un genere che affonda le proprie radici nel passato, quello è l’horror. Miti, leggende, folklore popolare: cosa sono se non delle prime, timide declinazioni di questo genere che nei secoli si è evoluto, incarnandosi nelle favole, nei grandi romanzi ottocenteschi e infine nel cinema?  

 

Del resto, l'horror esiste sin dal momento in cui si è creato il cinema: Le manoir du diable di Georges Méliès è considerato il primo film dell'orrore mai realizzato, datato 1896. 

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Eppure, nonostante le sue origini antichissime, quasi precursorie, l’horror è sempre stato un genere bistrattato, ritenuto minore, relegato allo status di b-movie. Almeno fino a quando non arriva “l’autore” che, come un Messia, intende nobilitare il genere, il che avviene abbastanza ciclicamente. 

L’ultimo esempio di “autore intervenuto a gamba tesa sul genere” è Jacques Molitor, regista di Wolfkin. Molitor ha sulle spalle un paio di documentari, qualche esperienza tv (compresa la serie Coyotes per Netflix) e un solo lungometraggio: Mommejong, incentrato su un asfissiante rapporto madre/figlio. 

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E questo rapporto così forte e intricato è la medesima tematica che troviamo in Wolfkin, ma con l’aggiunta di una componente horror (se così possiamo chiamarla) in più. 

Elaine è una madre single che cresce da sola il figlio Martin. Ormai alle soglie della pubertà, il ragazzino inizia a manifestare strani atteggiamenti aggressivi (come mordere a sangue un compagno di classe), al punto che Elaine decide di portarlo a conoscere i nonni paterni in cerca di risposte. 

 

Isolati in una grande casa di campagna, Martin inizierà a sentirsi meglio. Mentre Elaine scoprirà antichi segreti familiari che la porteranno a mettere alla prova l’amore per il suo stesso figlio. 

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Quante volte abbiamo visto il tema dello sbocciare dell’adolescenza accostato all’acquisizione di nuovi “poteri” o, più in generale, a una presa di coscienza relativa al proprio vero essere? Dagli X-Men a Chronicle, da Carrie a Giovani Streghe, dal recente The Innocents sino ad arrivare a Voglia di vincere (anche lì c’è un adolescente che d’un tratto scopre di essere un licantropo!): insomma, questo tipo di incipit è già stato davvero usato, riusato e abusato. 

 

Non c’è nulla di davvero originale in Wolfkin, se non (forse) il modo in cui mette tutto in scena, ovvero con quella vena autorale un po’ spocchiosa di cui si parlava all’inizio.

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L’approccio di Jacques Molitor è simile a quello che aveva usato Tomas Alfredson con l’osannato (forse anche un pochino troppo) Lasciami entrare, solo che sostituisce la figura del vampiro a quella del licantropo. Tutto viene trattato in modo rarefatto, quasi astratto, girando attorno a un mistero (in entrambi i casi quello della vera natura del protagonista) che di fatto mistero non è: Lasciami entrare era noto sin dal trailer che fosse un film a tema vampiri, mentre Wolfkin… con un titolo del genere di cosa vuoi che tratti?! 

 

Quello che dovrebbe perciò rappresentare un effetto sorpresa, un twist alla Dal tramonto all’alba, viene invece stemperato sin dall’inizio, il che depotenzia il film, facendolo scivolare su binari già noti a chi ha visto più di due film horror in vita sua. 

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La licantropia per Molitor altro non è che un pretesto, un escamotage per parlare di tutt’altro: il già citato rapporto madre/figlio, ma anche dell’isolamento, dell’accettazione del diverso, del posto della donna all’interno della società, soprattutto se è una madre single. 

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Ma a conti fatti questi temi non sembrano essere stati sviscerati a sufficienza, il che rende Wolfkin la semplice storia di un ragazzino che, arrivato alla soglia dell’adolescenza, scopre di essere un licantropo. Una storia già sentita svariate volte, che non aggiunge davvero nulla, se non un po’ di spocchia autorale, al panorama del genere.


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Genere: drammatico, horror

Paese, anno: Lussemburgo, 2022

Regia: Jacques Molitor

Sceneggiatura: Regine Abadia, Jacques Molitor

Fotografia: Amandine Klee

Montaggio: Damien Keyeux

Musiche: Daniel Offermann

Interpreti: Louise Manteau, Victor Dieu, Marja-Leena Junker, Jules Werner, Marco Lorenzini, Myriam Muller, Yulia Chernyshkova, Jean-Jacques Rausin, Charles Muller, Benjamin Ramon, Joël Delsaut, Gintare Parulyte, Basile Catrysse

Distribuzione: Satine Noir

Produzione: Les Films Fauves

Durata: 90'

Data di uscita: 24 agosto 2023

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