How to have sex (2023), la recensione del film di esordio della britannica Molly Manning Walker

Dopo il meritato successo ottenuto a Cannes 2023 con la vittoria nella sezione Un Certain Regard e la presentazione ad Alice nella città, concorso collaterale alla Festa del Cinema di Roma, approda in sala, distribuito da Teodora Film, How to Have Sex, film di esordio della britannica Molly Manning Walker.

Si lasciano andare al divertimento più sfrenato, fra locali notturni, alcol e tuffi in piscina, con l’obiettivo di vivere nuove esperienze sessuali, grazie anche alla conoscenza di tre ragazzi più grandi di loro, Badger (Shaun Thomas), Paddy (Samuel Bottomley) e Paige (Laura Ambley), con la quale Em avrà una storia. In particolare per Tara, unica vergine delle tre, la vacanza si rivelerà però una dolorosa esperienza di vita: Paddy la violenterà durante una serata in spiaggia e poi, nuovamente, mentre è addormentata.

Alla sua opera prima, Molly Manning Walker - autrice anche della sceneggiatura - è molto brava nel restituire un ritratto estremamente veritiero dei vari personaggi, calati nella realtà effimera dei villaggi vacanza. Qui il sesso è lo scopo finale e l’alcol, bevuto fino a vomitare, insieme alla musica techno sono propedeutici a perdere il controllo.

La stessa Manning Walker, nelle note di regia, afferma che l’idea del film le è venuta ripensando alle sue vacanze trascorse con le amiche e dell’impatto che quelle storie hanno avuto nel modo di ciascuna di loro di concepire il sesso. Così il film si sviluppa in una narrazione dal punto di vista delle ragazze, soprattutto di Tara che, da quell’esperienza, ne uscirà profondamente segnata e proiettata in un mondo adulto che ancora non le appartiene ma che, in qualche modo, dovrà imparare a conoscere.

Un mondo del quale inizia a rendersi conto nel momento in cui, dopo la violenza subita e una notte passata a ubriacarsi in discoteca, percorre da sola, al mattino, le strade deserte e piene di cartacce e residui alcolici della notte appena trascorsa. Negli occhi ha le lacrime che premono ma che stentano a uscire, ed è al contempo ferita e impaurita.

Mia McKenna-Bruce è molto brava a evidenziare con lo sguardo e i movimenti nervosi delle labbra, tutta la sofferenza insita nel suo delicato quanto traumatico passaggio dall’adolescenza all’età adulta. 

Il film è costruito sulle fragilità e sulle insicurezze delle protagoniste: qui il sesso, idealizzato, si dimostra svuotato di qualsiasi componente erotica e la macchina da presa, spesso addosso ai personaggi (la fotografia è di Nicolas Canniccioni) evidenzia la drammaticità degli avvenimenti. Insieme alla musica, vero e proprio personaggio, sempre invadente e ossessiva.