A 10 anni dall’uscita in sala de La teoria del tutto, il regista premio Oscar James Marsh torna ad occuparsi di storie vere e leggende del Novecento. Il suo ultimo film, presentato in anteprima al San Sebastian Film Festival e al Torino Film Festival, punta l’occhio di bue verso uno degli scrittori e drammaturghi più noti e amati del Secolo Breve: Samuel Beckett.
Dopo l’esperienza catastrofica della vittoria del Premio Nobel per la Letteratura nel 1969, il protagonista si rifugia in un luogo fuori dal tempo e dallo spazio a riflettere: intende dialogare con la sua coscienza su chi possa essere il miglior destinatario del denaro del premio.
I candidati sono le persone più care che ha ferito o abbandonato nell’arco della sua vita.
Da qui partono diversi flashback su episodi salienti, dall’infanzia alla gloria, che frammentano la vicenda in capitoli quasi letterari. In contemporanea alla descrizione dei rapporti di Beckett, vengono passati in rassegna anche caratteri della sua personalità meno conosciuti.
L’artista era un uomo solitario e poco empatico (anche il «Ti amo» più tenero rivolto alla moglie sembra forzato e asettico); infedele e un accanito fumatore; coraggioso combattente della Resistenza francese.
La storia raccontata da James Marsh va oltre il significativo prologo e segue a stretto contatto la vecchiaia dell’autore fino al suo finale di partita.
Il film si scosta dalle opere dello scrittore per avvicinarsi a quello che sta sotto il foglio e la penna: le passioni e i sentimenti che lo hanno animato per il corso di un’esistenza. Difficile riconoscere l’intellettuale nel bambino che osserva sognante il suo aquilone rosso, pregando che non tocchi mai terra, stessa cosa per l’adolescente burrascoso e i suoi scontri con la madre.
La storia è tenuta in piedi dallo scorrere dei suoi successi e fallimenti, amori e amicizie, in particolare dalla relazione con l’amico Joyce. Questo è un film biografico che ricalca le caratteristiche più frequenti del genere, narrato con forte sentimentalismo e dando grande importanza al tempo del racconto, qui, però, la vicenda si carica di fantasia e autoironia, strizzando spesso l’occhio alla commedia degli equivoci.
Il protagonista è energico e risoluto ma, paradossalmente, antitetico allo stesso messaggio del titolo: lui non balla mai. Spesso tormentato dai sensi di colpa, è un’anima struggente e piena di vergogna, che, però, non favorisce quell’avvicinamento col pubblico che lo schema predilige.
Gabriel Byrne, attore protagonista, dà corpo e voce ad un pilastro della letteratura moderna, e lo fa con eleganza, quasi vestendo il personaggio con la propria pelle. Illumina la scena con dialoghi provocatori ma, soprattutto, con i suoi silenzi che incorniciano gli occhi carichi di storia.
Un cast di degno livello, però, non riesce a far emergere l’opera in un panorama ormai saturo di racconti e linguaggi affini. Prima Danza, Poi Pensa si adagia in un territorio sicuro, non rischia nemmeno nella fotografia, nei flashback con una cromia grigia fin troppo didascalica. In un trattamento omogeneo e ordinario, è difficile trovare la stessa luce che animava altre opere dello stesso regista.
Un film che si lascia guardare, sa divertire e riproduce abilmente il linguaggio arguto di personaggi e letterati di un secolo impossibile da rivivere, ma si sente la mancanza della “sfida di Icaro”, quel sole bollente sempre più vicino, azione richiesta da determinate trame, come questa in cui lo stesso protagonista ha osato l’impensabile. Siamo rimasti in sala ad aspettare Godot ma non è arrivato nessuno.
Genere: biografico, drammatico
Paese, anno: USA, 2023
Regia:James Marsh
Interpreti: Aidan Gillen, Gabriel Byrne, Maxine Peake, Bronagh Gallagher, Fionn O'Shea, Sandrine Bonnaire, Caroline Boulton, Lisa Dwyer Hogg, Gráinne Good, Barry O'Connor
Sceneggiatura: Neil Forsyth
Fotografia: Antonio Paladino
Montaggio: David Charap
Produzione: 2LE Media, Film Constellation, Proton Cinema, Sky Arts, Umedia
Durata: 100 min
Distribuzione: BIM Distribuzione
Data di uscita: 1 febbraio 2024