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Impotenti esistenziali

05/04/2009 11:00

Chiara Napoleoni

Recensione Film,

Impotenti esistenziali

Bastano poche parole per descrivere Impotenti esistenziali, esordio di Giuseppe Cirillo, sessuologo e aspirante azionista politico per la prima volta dietro la

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Bastano poche parole per descrivere Impotenti esistenziali, esordio di Giuseppe Cirillo, sessuologo e aspirante azionista politico per la prima volta dietro la macchina da presa: un’imbarazzante pasticcio autoreferenziale.


Giuseppe (Cirillo che interpreta se stesso) è un sessuologo poco credibile che tenta di contrastare, con prediche qualunquiste, l’ipocrisia del mondo contemporaneo. La sua “emergenza esistenziale” lo porta a frequentare un locale di scambisti: recatosi con la sua fidanzata (Angela Melillo) incontrerà Francesca (Antonella Ponziani), femminista convinta visibilmente dipendente dalla chirurgia plastica, con la quale inizierà una relazione. I due nel corso della loro storia si troveranno a vivere una serie di situazioni paradossali quanto banali legate da un unico filo conduttore: il rivoltante egocentrismo dell’autore/protagonista/sceneggiatore.


Don Giovanni, prete di famiglia, verrà colto in teneri atteggiamenti con la povera suor Agnese e il temerario Giuseppe accorrerà in suo aiuto cercando di convertirlo ai piaceri della carne. Amilcare (Alvaro Vitali), il migliore amico dell’eroico protagonista, passerà un momento di temporanea omosessualità, sebbene sporadicamente continuerà ad apprezzare le cosce e i seni prosperosi delle passanti. L’editore De Fortis (Tinto Brass) criticherà l’attività del profetico esperto di sesso e quest’ultimo, per controbattere, gli mostrerà il Bi-bidet, escamotage brevettato per ravvivare la vita di coppia ma soprattutto per imparare a condividere l’intimità. Un preside rigido e bacchettone dichiarerà in aula magna, di fronte a tutti i suoi studenti, di avere avuto problemi in adolescenza con le ragazze e con la masturbazione… E poi ancora il sesso sicuro, il tradimento, l’Aids, i parchi dell’amore, i rollerblade, il razzismo, la politica; insomma, un minestrone di pensieri sconclusionati, di luoghi comuni e di contingenze improbabili messi in scena da Cirillo senza il minimo rispetto neanche per l’ABC del linguaggio cinematografico. Lo spettatore è continuamente messo a dura prova di fronte alla trama inesistente, ai tagli imbarazzanti, al doppiaggio agghiacciante e alle prestazioni attoriali deludenti, rendendosi presto conto di essere di fronte al disastro cinematografico di uno psicologo che tenta vergognosamente di entrare in politica col suo partito... Purtroppo per noi, sfruttando senza pietà il mezzo cinematografico.


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