Quando nel 2001 era corsa la notizia che Tim Burton avrebbe realizzato un remake de Il pianeta delle scimmie, si alzò un polverone di polemiche, accuse, critiche. Nessuno (o quasi) avrebbe voluto che uno dei registi più visionari mai esistiti, mettesse mano ad un prodotto fantascientifico di grande valore come quello di Pierre Boulle. Il regista di Batman e Il mistero di Sleepy Hollow, allora, aveva specificato che il suo film non sarebbe stato un remake né un reboot della pellicola originale, quanto piuttosto, semplicemente, una diversa elaborazione della storia. Il pianeta delle scimmie racconta l’avventura dell'astronauta Leo Davidson che, a capo di un progetto di sperimentazione effettuato sugli scimpanzé, parte alla ricerca di una navicella spaziale in avaria su cui viaggiava il suo "collega animale" Pericle. Finito in una tempesta elettromagnetica, Leo si ritrova su un pianeta governato da scimmie evolute che detengono i pochi (primitivi) umani rimasti alla stregua di schiavi. A causa della sua intelligenza sviluppata, Leo viene comprato da Ari, un'attivista veterinaria schierata contro il maltrattamento e lo sfruttamento degli umani. L'uomo capisce di potersi fidare della scimpanzé e, raccontatole la sua storia, la convince a liberarlo e fuggire insieme alla ricerca della verità . Gli intenti burtoniani, alla fine dei conti, si sono rivelati esatti. Nessun rimaneggiamento alla pellicola di Boulle, nessun cambiamento fondamentale. Il pianeta delle scimmie diviene, semmai, una diversa interpretazione, una storia altra (parallela o alternativa) a quelle che avevano preso vita dall'originaria creatura del 1968. Tim Burton, al passo con i tempi, realizza una pellicola moderna che permette a tutti i progressi tecnologici di entrare a far parte del film. Impossibile, infatti, che nel XXI secolo, dopo la lezione cinematografica di Zemeckis con Ritorno al futuro, i personaggi di fantascienza non fossero in grado di realizzare un mezzo per raggiungere universi paralleli e realtà temporali diverse. Ed è ciò che accade al protagonista. Ma nel mondo in cui si trova imprigionato, la legge di Darwin sembra essere arrivata ad un punto di stallo: dopo che le scimmie si sono evolute negli uomini, questi hanno rilevato la parte selvaggia del loro istinto animale, regredendo ad uno stadio brado di sopravvivenza. Le scimmie, mantenendo fede alle regole naturali della loro specie, sono sopravvissute e, imitando gli uomini, hanno carpito i segreti della loro intelligenza e se ne sono impadronite. Nei comportamenti e nelle scelte morali dei personaggi si riconosce il tocco burtoniano. Scimmie e uomini sono, infatti, degli outsider che cercano nella loro condizione di emarginati e di reietti della società , di allearsi con i propri simili. Da molti definito apocalittico, il finale provocatorio della pellicola vuole essere un monito alla specie umana ma anche, una conclusione volutamente ambigua per generare un altro capitolo della saga. Nonostante gli incassi, però, le numerose critiche negative hanno impedito a Burton di raggiungere il proprio scopo.