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Una lezione di vita

04/03/2012 12:00

Martina Calcabrini

Recensione Film,

Una lezione di vita

Danimarca, 1969...

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Danimarca, 1969. Frits Johanssen è un ragazzino di provincia che, costretto a frequentare l’importante scuola della città, si scontra ben presto con un preside arcaico e tiranno che punisce corporalmente gli studenti indisciplinati. Avendo passato l’estate a guardare i documentari in televisione, Frits impara a memoria i principi di Martin Luther King e diviene consapevole dei cambiamenti sociali e culturali in corso nel mondo. Conscio della validità delle teorie di King, nate inizialmente come “sogni” dell’autore, Frits cerca di convincere tutti i suoi impauriti compagni di scuola a combattere insieme per cacciare il preside e modernizzare il sistema scolastico.


Prima che il mondo volgesse l’attenzione alla trasposizione cinematografica di Uomini che odiano le donne, lo scandinavo Niels Arden Oplev portava sul grande schermo una storia vera, cruda, vissuta. In un’epoca di grandi cambiamenti, era inevitabile che si sentisse la necessità di guardarsi indietro, al proprio passato, procedendo a ritroso verso la (ri)scoperta delle proprie origini e del vero senso della vita. È giusto lottare per migliorare le cose, anche se significa esporsi in prima persona, e il regista danese questo lo sa bene. Frits altro non è che il suo alter ego, il bambino che avrebbe voluto essere e, in prospettiva, l’uomo che sarebbe voluto diventare. Il ragazzino sa combattere, ha coraggio ma, soprattutto, ammette di avere sempre bisogno di un modello da seguire: suo padre Peter da cui impara a vincere le piccole battaglie quotidiane, il suo insegnante di musica, che gli insegna ad esprimere le proprie idee e il proprio talento e, infine, Martin Luther King, il più giovane Premio Nobel per la Pace, da cui assimila le idee e il coraggio per metterle in pratica. Un bambino forte e modesto, coraggioso e fragile, tenero e intransigente, da cui tutti, in realtà, dovremmo imparare qualcosa.


Bravissimo il giovane Janus Dissing Rathke che dona anima e corpo al proprio personaggio, perennemente denigrato e maltrattato da un temibile e inquietante Bent Mejding. Niels Arden Oplev realizza una pellicola drammatica e toccante che ricorda agli spettatori il diritto e il dovere di combattere per quello in cui si crede. Una lezione di vita talmente importante che in inglese il titolo originale della pellicola (Drømmen) è tradotto in We shall overcome, prendendo in prestito il titolo della canzone pacifista che divenne, tra gli anni quaranta e gli anni sessanta americani, un inno del movimento per i diritti civili.


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