Irriverente? Satirico? Esagerato? Il film di Jay Roach è molto più simile alla realtà di quanto non si voglia credere. Come citato all’inizio del film – "La guerra ha le sue regole, la lotta nel fango ha le sue regole. I politici non hanno regole" (Ross Perot, 1988) – assistiamo così alla lotta senza esclusione di colpi dei due candidati al Congresso per la Carolina del Nord. Da una parte Cam Brady, (Will Ferrell) (dis)onorevole modello, che viaggia per la quinta rielezione guidato nella campagna dal fidato Mitch (John Sudekis). Dall’altra Marty Huggins (Zach Galifianakis), padre di famiglia e imbranato cronico, che si ritrova suo malgrado a bordo del fagocitante circo delle campagne elettorali statunitensi. Quando Brady non è più in grado di assicurare ai fratelli Motch, ultra-milionari senza scrupoli, appoggio politico per le loro truffe economiche, questi ultimi decidono di spalleggiare un candidato pedina per ottenere la maggioranza nel loro distretto. Il prescelto è appunto Huggins, che inizialmente sembra essere l’ultima persona in grado di portare a termine il progetto, ma con l’addestramento del nuovo manager e le connessioni politiche della sua famiglia, rivela ben presto tenacia e forte spirito di malsana competizione. Con l’avanzare delle elezioni l’atmosfera si fa incandescente, fino a sfociare in ingiurie e colpi bassissimi, in cui l’interesse per il popolo, i programmi politici, i problemi del territorio diventano l’ultima preoccupazione dei due rivali, impegnati come sono a tentare di eliminarsi a vicenda. Il regista di Austin Powers e Ti presento i Miei torna alla commedia dopo i film tv a sfondo politico realizzati per l’emittente HBO (Recount, Game Change), con questa pellicola sceneggiata dai creatori del sito Funny or Die, che vede Ferrell e Galifianakis protagonisti salaci di sketch e parodie. Nel cast del film anche Brian Cox come padre di Huggins, Dan Aykroyd e John Lithgow nei panni dei fratelli Motch. La raffinatezza di contenuti non è certo il forte di Roach, come già mostrato nei suoi precedenti lavori di genere, ma in questo caso, la cialtroneria e la volgarità sono la giusta fotografia delle modalità di proporsi ed imporsi della macchina politica, così simile da paese a paese. I cliché scandalistici e i personaggi stereotipati sono purtroppo lo specchio della realtà di quasi tutti gli organi colleggiali dei paesi occidentali, che si fanno beffe dei veri problemi della società , incentrando piuttosto la loro attenzione su tematiche di comodo e mantenendo viva la disattenzione globale su corruzione e interessi individuali. L’America viene qui dipinta come una nazione popolata da una massa di creduloni, pronti a sostenere tutto ciò che gli viene presentato ben confezionato, anche se a farlo sono molto spesso individui che nascondono tutt’altri scopi rispetto a quelli che decantano. La storia scorre veloce e divertente, guidata dalla grande verve dei due protagonisti, sicuramente la componente migliore del film; a volte scivola nella superficialità , senza reali intenzioni di denunciare, senza porre alternative o grandi riflessioni, piuttosto cercando un finale fin troppo buonista e inverosimile. Che si nasconda nell'happy ending il vero messaggio della pellicola? La speranza si rivela talmente surreale da decadere immediatamente.