Si dice che solo i veri artisti riescano a dar voce all’esperienza umana poiché condividono il proprio dolore con il pubblico. Riflettendo ironicamente sulla loro incapacità di distinguere tra realtà e finzione, il regista Craig Zisk, dopo aver realizzato serie televisive di successo come My name is Earl, Alias e Smalliville, siede in cabina di regia per firmare un'agrodolce commedia romantica che, alternando ironia e buoni sentimenti, ipotizza l’amore perfetto. Kingston, Pennsylvania. Linda Sinclair (Julianne Moore), donna impacciata e introversa, è la più amata professoressa del liceo. I ragazzi la adorano perché insegna con passione, valorizza le loro opinioni e ne educa gli ideali. La sua monotona esistenza, però, viene sconvolta quando Linda decide di finanziare la trasposizione teatrale della geniale opera prima del suo ex studente Jason Sherwood (Michael Angarano), promettente drammaturgo teatrale scartato dall’accademia di New York. Una squillante voce narrante accompagna l’entrata in scena di Linda, una donna posata e di sani principi che conduce una vita di disciplina, di quotidianità , di piccole umiliazioni e di modeste speranze. Lontana dalle vicende delle grandi eroine letterarie, Linda si ciba delle loro passioni e si nutre dei loro più intimi desideri. Il suo spasmodico romanticismo modella un uomo perfetto, candido e puro che, essendo utopistico e irreale, porta la donna ad essere sempre, perennemente, sola. Nel momento in cui incontra Jason e decide di aiutarlo, lei si sente utile e, finalmente, importante per qualcuno. Per questo motivo, cede alle lusinghe del ragazzo, si lascia sedurre e mette a rischio la propria carriera. Il regista, narratore esterno ma onnisciente, sceglie di seguire da vicino le sue vicissitudini, di sposarne le cause e di condividerne gli errori, assistendola nel momento del bisogno. Utilizzando guanti di velluto e pugni di ferro, però, gli sceneggiatori Stacy e Dan Chariton calcano troppo la mano sulla paradossalità delle situazioni, creando iperboli di bigotteria e perbenismo. La sceneggiatura, troppo lineare e schematica, viene incrinata soltanto in pochi momenti tanto che lo spettatore prevede sin dall’inizio quale sarà il finale della storia. Sorta di commedia melensa e stucchevole alla Curtis, The English Teacher perde colpi scena dopo scena, cede agli stereotipi e finisce intrappolata nella sua stessa tela, rivelandosi un prodotto simpatico ma non brillante.