Dopo aver approfondito il problema della pedofilia e dell’infanticidio in Ruggine, il regista Daniele Gaglianone torna in cabina di regia per firmare La mia classe, una pellicola drammatica e malinconica che, tramite l’incursione in una realtà scomoda e desolata, punta l’attenzione sulla difficile omologazione degli stranieri in Italia. Torpignattara, Roma. Un accomodante maestro di scuola (Valerio Mastandrea) spiega le regole della grammatica italiana a una classe di stranieri interessati ad imparare la lingua per ottenere un lavoro, vivere in Italia e riuscire ad integrarsi nella società . Superata la diffidenza iniziale, ognuno rivela la propria storia, espone le sue difficoltà ed esprime il desiderio di essere accettato. Quando scade il permesso di soggiorno di uno di loro e le riprese rischiano di terminare, però, la classe decide di continuare a narrare se stessa. Nella piccola stanza di una scuola della periferia romana si radunano ogni giorno persone di estrazione sociale diversa e di religione differente per imparare la lingua italiana. Davanti alle evidenti difficoltà di comunicazione, gli studenti raccontano le proprie esperienze di vita attraverso immagini, silenzi e lacrime che descrivono il proprio dolore meglio di qualsiasi parola. Gli sceneggiatori Gino Clemente, Claudia Russo e Daniele Gaglianone, per enfatizzare la funzione del film, hanno scelto di analizzare soprattutto la fuga dal loro paese natio, l’abbandono dei familiari e l'impossibilità di sentirsi parte integrante di una comunità che li esclude. Inizialmente concepita come un semi-documentario che, reinventando le esistenze dei protagonisti, mostrasse un problema sociale sempre più evidente, la pellicola è diventata pian piano lo schermo sul quale ogni individuo proiettava le proprie paure. La scadenza del permesso di soggiorno di uno dei ragazzi, però, anziché scoraggiare la troupe, si è trasformata nell’input con cui ogni persona ha scelto liberamente di trasformarsi in personaggio e di continuare a testimoniare la propria realtà quotidiana. Mastandrea, allora, da attore diviene spettatore, incoraggia i ragazzi a lottare e li guarda divenire, chi più chi meno, padroni della lingua. Interamente girata in interni, sviluppata attraverso camere a mano, steadycam e carrellate laterali, La mia classe si delinea come un insieme di punti di fuga che rispondono a un'unica prospettiva, quella di chi, attraverso una vera e propria indagine sociale, cerca, se non la comprensione, almeno il rispetto.