All'istituto Leòn Blum di Crèteil, una banlieu a sud-est di Parigi, è il primo giorno di scuola. La classe cui verrà affidato Malik (Ahmed Dramè), giovane francese musulmano di origine africana, è multiconfessionale e cosmopolita. Ma anche la peggiore dell'istituto. L'arrivo della professoressa Anne Gueguen (Ariane Ascaride) e la sua fiducia negli alunni cambieranno un registro già predefinito: l'insegnante decide di far partecipare gli studenti a un concorso nazionale di storia dedicato alla Resistenza e alla Deportazione, con un tema dal titolo “I bambini e gli adolescenti nel sistema dei campi di concentramento nazisti”. I risvolti di questo incontro con una storia così lontana, ma così vicina, saranno eclatanti e commoventi. Tratto da un racconto autobiografico di Ahmed Dramè, l'interprete di Malik, sceneggiatore e scrittore del libro omonimo, Una volta nella vita narra di una classe difficile della periferia francese: la cittadina di Crèteil, nota per aver sempre coltivato le sue diversità, sia religiose che razziali, ospita il microcosmo di Malik. Adolescenti come gli altri, che vivono col telefonino in mano e sono divisi in gruppetti che si fanno la guerra, ignorano la storia più recente dei loro familiari e anche quella lontana. Lasciati allo sbando, solo l'insegnante di storia e arte Anne Gueguen riesce a cogliere la loro attenzione. L'occasione per il riscatto della classe è un concorso nazionale dedicato alla Shoah, della quale la maggior parte degli studenti non sa nulla. L'insegnante, con amorevole impegno e pugno duro, riesce a far comprendere l'orrore di un pezzo di storia che riguarda tutti e a farli sentire all'altezza di un compito in cui nessuno contava. L'incontro con il deportato è la parte cruciale, la storia che diventa carne e ossa, il punto di non ritorno dal quale nessuno degli alunni tornerà a essere com'era, ma anzi diverrà una nuova persona; con una consapevolezza in più del proprio io e di ciò che sta accadendo. Il film mette davanti ai nostri occhi l'importanza della Storia, sempre vista come un reperto archeologico ammuffito e inutile, che diventa invece una finestra per comprendere l'oggi. L'insegnante diventa allora guida di vita che, con passione, ha fiducia negli esseri umani e dà loro una possibilità, nonostante pareri contrari. L'importanza, inoltre, per le nuove generazione di abbattere le barriere che separano persone uguali fra loro, con le stesse sofferenze e gli stessi sogni. La sceneggiatura è firmata da Ahmed Dramè, che l'ha scritta all'età di 17 anni, narrando ciò che aveva vissuto durante l'ultimo anno all'istituto Leon Blùm e quello che era successo grazie a una professoressa e a un concorso. Dopo varie risposte negative, è riuscito a far leggere lo scritto alla regista Marie-Castille Mention-Schaar che si è interessata da subito alla storia e ha deciso di produrre e dirigere il film. Attraverso l'uso di tre macchine da presa, la regia può essere libera e dare modo a tutti gli attori di muoversi fluidamente nell'inquadratura. Anche la recitazione è aperta, con molte improvvisazioni, regalandoci una naturalezza che permette di immedesimarsi con la classe e con le loro scoperte e la loro evoluzione.