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Napolislam

21/03/2016 12:00

Giovanni Miele

Recensione Film,

Napolislam

Napoli non è solo Gomorra e il sangue dei morti uccisi...

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Napoli non è solo Gomorra e il sangue dei morti uccisi. Napoli è la città del sangue dei santi, da san Gennaro a santa Patrizia; la sirena Partenope, fondatrice della leggendaria Neapolis. La storia della città è intimamente legata alla religione, una forma unica di misticismo e folklore che ha da sempre alimentato la ricerca di spiritualità del suo popolo. La terra dei santuari e delle statue dedicate alle madonne disseminate nei vicoli, del culto delle capuzzelle e delle anime del purgatorio: una terra pregna di religiosità radicata in cui il sacro e il profano si mescolano permettendo al napoletano di scegliere e venerare i suoi santi protettori per tirare a campare. Ed ecco che ogni altarino di quartiere ha la sua madonna, il Maradona di turno o anche il profeta Maometto.


In questo contesto si inserisce Napolislam: il documentario di Ernesto Pagano, vincitore a Bologna del Biografilm Italia Award 2015, narra le storie di dieci napoletani comuni che hanno trovato nella conversione all'Islam la possibilità di ricominciare e di rinnovare la propria spiritualità. Il ragazzo disoccupato e deluso dalla politica e la ragazza innamorata di un algerino; il padre di famiglia segnato dal dolore di un grave lutto e il giovane rapper che cerca l'ispirazione; un parrucchiere e un anziano in crisi mistica. Persone comuni accomunate dalla ricerca di una nuova strada, assetate di spiritualità, che nel Corano vedono una nuova occasione, che si riuniscono in moschee di fortuna e scelgono di imparare l'arabo per abbracciare la fede islamica, simbolo di una nuova speranza in una società ingiusta fondata su valori discutibili e strumento sociale per una nuova forma di rivalsa: l'Islam come lotta politica e di classe.


La realizzazione di Napolislam è stata lunga e travagliata. I lavori sono iniziati nel 2007 ma il documentario è stato girato tra il 2014 e il 2015, nel pieno del terrore islamico alimentato dai media dopo i gli attentati terroristici alla redazione della rivista francese Charlie Hedbo; la distribuzione è così stata bloccata e posticipata dopo i fatti di Parigi del 13 novembre 2015. Ciò non ha impedito però a Pagano di far conoscere il suo lavoro, che ha permesso di “guardare da vicino chi ha scelto di convertirsi e avere maggiori elementi per comprendere come mai un numero sempre più alto di occidentali, al di là della jihad, stiano abbracciando il messaggio del Corano”. Il film è un viaggio intimo nella vita privata dei dieci protagonisti e, nonostante non indaghi profondamente le ragioni della conversione dei protagonisti, il regista, con sguardo da antropologo e con una tecnica di indagine della realtà che ricorda il cinema neorealista, mette insieme le storie di convertiti e consegna uno sguardo inedito sul capoluogo campano. Una percezione del sud diversa da quella a cui ci ha abituato il filone "criminale". Viene fuori una Napoli tollerante e assetata di misticismo, pulsante, viva come la lava del Vesuvio, che - in accordo con la sua storia millenaria - rappresenta un punto nevralgico del Mediterraneo, un porto d'incontro tra le culture e una cerniera di comunicazione tra l'occidente e l'oriente.


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