I film d'esordio e le piccole produzioni spesso faticano a raggiungere il grande pubblico, le uniche vetrine disponibili restano i festival internazionali (e non) che permettono ancora a piccoli gioielli di rendersi visibili e di conquistare l'ambita proiezione in sala. Questa è la strada che ha percorso Banat (Il viaggio), lungometraggio d'esordio di Adriano Valerio - apprezzato a Cannes nel 2013 con il corto 37°4 S - che dopo la presentazione in concorso come unico italiano alla Settimana internazionale della critica della 72esima Mostra Internazionale del Cinema di Venezia e la candidatura al David di Donatello nella sezione “Miglior regista emergente”, arriva nelle sale subito dopo la proiezione al Bif&st-Bari International Film Festival. Ivo (Edoardo Gabriellini) è un trentenne agronomo toscano trapiantato a Bari, prossimo al trasferimento in Romania dove lo aspetta un impiego in un'azienda agricola. Clara (Elena Radonicich) è una giovane donna inquieta in fuga dopo una delusione d'amore. La sera prima del trasferimento di Ivo, i due si incontrano per caso nell'appartamento della Signora Nitti (Piera degli Esposti): la nuova casa di Clara, la casa che Ivo sta per lasciare. I due parlano tutta la notte e il mattino seguente Ivo è cotretto a partire dopo aver rimandato troppe volte. Ma l'incontro è stato decisivo e il legame profondo che ha legato i due spingerà Clara, incinta del vecchio compagno che l'aveva abbandonata, a partire per Banat per raggiungere Ivo. L'Italia, oggi più che mai terra di approdo di immigrati, diventa il punto di partenza per un racconto di migrazione al contrario: il giovane Ivo, con lo sguardo disincantato di Edoardo Gabriellini (il protagonista di Ovosodo di Paolo Virzì), parte per l'Est e giunge a Banat, nella campagna rumena ancora provata dagli anni del comunismo. Il sogno di un futuro migliore è subito spezzato dai rami secchi e dalla terra bruciata e inospitale. Ma sarà la terra stessa a rappresentare il riscatto, una nuova possibilità per chi è stato costretto a lasciare la propria casa e partire. Adriano Valerio caratterizza in modo personale ogni spazio: la camera, ferma con campi lunghi prima sul porto e le strade del capoluogo pugliese e poi sulla campagna rumena, permette al regista di creare inquadrature poetiche che rendono qualsiasi ambiente protagonista. Banat (Il viaggio) è un film riflessivo, forse incerto nei momenti in cui indugia nella rappresentazione degli spazi, ma silenzioso e misurato; il racconto di due solitudini, ognuna in un momento di svolta della propria vita, che s'incontrano e si scoprono lentamente, fino a spogliarsi e ad appartenersi. Ivo, simbolo di una generazione incerta, precaria e senza punti di riferimento, cerca opportunità altrove; Clara, indifesa, fragile e disperatamente in cerca di affetto trasmette con una semplice carezza alla carena della barca che sta riverniciando tutto il suo bisogno d'amore. I due insieme proveranno ad affrontare un futuro incerto e inospitale come la terra che, anche se prosciugata e inaridita, riuscirà comunque a dare i suoi frutti. La terra di Banat non è solo simbolo di riscatto, ma il viaggio per raggiungerla diventa un percorso alla scoperta di se stessi che riesce se durante il tragitto ci si ferma a scoprire l'altro.