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Montedoro

17/04/2016 10:00

Martina Calcabrini

Recensione Film,

Montedoro

Intenzionato a divulgare il coraggioso viaggio alla ricerca delle proprie origini compiuto da una donna newyorkese, Antonello Faretta esordisce alla regia con M

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Intenzionato a divulgare il coraggioso viaggio alla ricerca delle proprie origini compiuto da una donna newyorkese, Antonello Faretta esordisce alla regia con Montedoro, un’opera enigmatica che si impegna a immortalare l’essenza di Craco, un paese ormai scomparso. Nel 1963, infatti, una violenta frana costrinse l’intera popolazione ad abbandonare le proprie case per trasferirsi in un posto più sicuro, lontano dalle dannose intemperie che rendevano pericolose le condizioni di vita. Da allora, Craco è rimasto disabitato ed è diventato il paese fantasma più famoso di tutta Italia.


Pia Marie Mann vive a New York praticamente da sempre. È stata adottata all’età di quattro anni e da allora ha condotto una vita frenetica e movimentata come la metropoli che la ospita. Quando i suoi genitori muoiono, la donna capisce di aver bisogno di scoprire le sue origini e, così, decide di raggiungere l’Italia per conoscere sua madre biologica. Arrivata a Craco, però, la protagonista apprende che la donna è morta da anni e che il paese è completamente deserto.


Campi lunghi e silenzi prolungati accompagnano il viaggio oltreoceano della protagonista, chiusa nei suoi pensieri. Sola, spaesata e spaventata dalla mancanza di informazioni sul suo passato, Pia Marie si lascia trasportare dalla pace funerea che avvolge il luogo che le ha dato i natali. Deserto ormai da mezzo secolo, il paesino di Craco è costituito soltanto da case abbandonate, staccionate cadute e campi incolti. Attraverso i racconti di coloro che abitarono nel paese, Pia capisce il motivo doloroso che costrinse sua madre a decidere di darla in adozione con la speranza di garantirle un futuro migliore. Antonello Faretta ritrae questa donna forte e coraggiosa in modo delicato, quasi timido, contrapponendo il suo corpo e la sua personalità risoluta all’amenità incantata del paesaggio. L’aurea magica e mistica che priva il luogo di qualsiasi connotazione spaziale e temporale, infatti, stride prepotentemente con la forza centripeta americana cui ella è abituata. E così, usufruendo di filmati storici, panoramiche ampie e rumori di sottofondo, l’anima del posto emerge lentamente fotogramma dopo fotogramma, rivelando di non poter essere immortalata da nessun obiettivo. Essa, dunque, appartiene solo a chi ha abitato a Craco; a chi lo ha reso parte della sua stessa essenza, proprio come la madre della protagonista che ha scelto di rimanervi fino alla fine dei suoi giorni. Montedoro è un’opera complicata, difficile e laconica, che fonde presente e passato, realtà e immaginazione, sogno e illusione.


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