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Emma

06/07/2016 10:00

Martina Calcabrini

Recensione Film,

Emma

Jane Austen, indiscutibilmente una delle migliori scrittrici dell’Ottocento britannico, ha sempre affascinato un pubblico di lettrici per la sua irresistibile c

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Jane Austen, indiscutibilmente una delle migliori scrittrici dell’Ottocento britannico, ha sempre affascinato un pubblico di lettrici per la sua irresistibile capacità di arricchire le classiche storie romantiche e strappalacrime con passioni insolitamente travolgenti. Le sue eroine, infatti, sono donne intelligenti, determinate e caparbie, che combattono contro ogni pregiudizio della società per ottenere il proprio posto nel mondo. Nel 1996 il giornalista e attore americano Douglas McGrath decide di esordire alla regia adattando per il grande schermo il romanzo Emma. E così, forte della sua precedente collaborazione con Woody Allen per la sceneggiatura di Pallottole su Broadway, Douglas cura sia la regia che la scrittura dell’opera, rimanendo però talmente fedele al prodotto originale, da non riuscire a superarne la letterarietà.


Highbury, Londra. Emma Woodhouse (Gwyneth Paltrow) è una giovane aristocratica che si diletta a combinare matrimoni tra le sue amiche e i migliori partiti in circolazione. Dopo aver trovato l’uomo perfetto per la sua domestica, Emma inizia a lavorare su quello della sua giovane amica Harriet Smith (Toni Collette), spingendola a respingere la proposta ricevuta dal suo corteggiatore. Davanti a due tentativi falliti, Harriet si dichiara allora interessata all’elegantissimo Signor Nightly (Jeremy Northam), l’uomo per cui Emma scopre di provare sentimenti molto forti.


La saccente superbia della protagonista porta il regista e sceneggiatore Douglas McGrath a incentrare la storia esclusivamente sulle sue diaboliche macchinazioni: la ragazza, infatti, presiede feste e balli con l’unico intento di combinare matrimoni convenienti per le sue amiche. Burattinaia per eccellenza, apparentemente, Emma manipola gli interessi delle persone e i loro stessi cuori come se non fosse capace di provare sentimenti autentici. La freddezza e l’ostilità con cui pretende di avere sempre ragione, porta ben presto lo spettatore a nutrire per lei una forte antipatia mista a compassione. Solo seguendo tutto l’intricato filo della storia e guardando oltre le boriose tradizioni rituali ottocentesche, dunque, l’enorme fragilità della donna inizia ad emergere fotogramma dopo fotogramma. Nel momento stesso in cui il pubblico si avvicina empaticamente alla sua beniamina, però, è già arrivato alla fine dell’opera e non riesce davvero a entrare in sintonia con l’impianto narrativo. Emma, dunque, si rivela un prodotto controverso e pragmatico tanto che il ritmo lento e melenso della vicenda finisce presto per oscurare anche la melodrammaticità della situazione stessa.


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