Bruno, un contadino quarantenne dal travagliato rapporto con il padre Jean, per dimenticare il suo controverso e impacciato approcciarsi con l'altro sesso è un assiduo bevitore di vino. Durante il Salone Internazionale dell'Agricoltura, genitore e figlio decidono di fare un tour alcoolico nelle regioni francesi per rinsaldare il loro rapporto, prendendo a noleggio il taxi del giovane Mike, presunto latin-lover. Il loro percorso sarà costellato da strani incontri che permetterà all'insolito trio di fare nuove esperienze e trovare forse l'amore. Commedia atipica e straniante Saint Amour, visione costellata da momenti di grande tenerezza e umanità che prova a proiettare sulle vie del surrealismo più intimista l'immagine di un nuovo inizio per i tre principali protagonisti della vicenda. Se infatti inizialmente il racconto pare focalizzarsi sul rapporto tra padre e figlio, agitato da vecchi rancori e rimpianti, in realtà il nucleo narrativo concede eguale spazio alla figura dell'autista, terzo incomodo la cui importanza diventa ben presto paritaria a quella degli altri due protagonisti. Questa co-produzione franco-belga, diretta a quattro mani dagli apprezzati Benoît Delépine e Gustave Kervern, vive tutta su una serie di contrasti tra un distillato realismo e passaggi più quietamente magici, con una parte finale che dà il via a un insolito menage vedente come figura principale quella della splendida amazzone di Céline Sallette, al centro delle sequenze più visivamente suggestive in groppa ad un destriero nero nei pressi della Torre Eiffel. Si sfiora in qualche occasione il rischio del gratuito non necessario, con improvvise conquiste sentimentali e situazioni borderline che stonano parzialmente con le lievi atmosfere del contesto, ma l'abbondante ora e mezza di durata offre parecchi gustosi momenti di sprezzante ilarità come nella descrizione da parte di Bruno dei dieci livelli di ubriachezza, alcuni ben condivisibili da chi abbia alzato il gomito almeno una volta in vita sua. Come certi tipi di vino Saint Amour è un prodotto dolce-amaro che segue i territori di una malinconia metaforica ed ariosa, aperto viaggio on the road che sfrutta l'alcool per parlarci della Vita, sorretto dalle convincenti performance di un cast idoneo e in palla, con un, in tutti i sensi, mastodontico Gerard Depardieu a rubare la scena ai suoi comunque efficaci colleghi.