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Pianura rossa

10/01/2017 11:00

Maurizio Encari

Recensione Film,

Pianura rossa

Gregory Peck, magnetico protagonista di un dramma di guerra

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Birmania, Seconda Guerra Mondiale. Bill Forrester, pilota della RAF, è considerato un pazzo dai suoi commilitoni per via dei sui comportamenti paranoici che lo portano anche a tentare azioni spericolate infrangendo gli ordini dei superiori. In realtà l'uomo è caduto in un forte stato depressivo dopo aver assistito alla morte della moglie durante i bombardamenti a Londra, evento dal quale non si è mai ripreso. Quando conosce la bella Anna, nativa del luogo che lavora in qualità di infermiera nella vicina missione cristiana, Forrester pare ritrovare un senso alla propria esistenza; una missione di routine però lo vede costretto ad un atterraggio di fortuna insieme ad altri suoi due compagni, ora costretti a sopravvivere in territorio nemico.


Interessante opera bellica intrisa di non banali (almeno per i tempi) risvolti psicologici, Pianura rossa è tratto da un romanzo del 1947 dello scrittore H. E. Bates, allora inviato in Birmania dall'esercito americano per raccontare la guerra in quella parte lontana del mondo al pubblico d'oltreoceano. E' infatti inusuale l'attenzione rivolta al folklore e alle tradizioni locali che, per una volta tanto, non si limita ad un semplice ritratto superficiale ma entra più in profondità; allo stesso modo, in una contemporaneità cinematografica in cui spesso si utilizzavano attrici occidentali truccate ad hoc per interpretare personaggi orientali, si rivela efficace la scelta di affidare il ruolo della bella Anna all'attrice di origini birmano-australiane Win Min Than. I cento minuti di visione altro non sono che un riuscito mix tra melodramma romantico, con tanto di flashback rivelatori, e atmosfere belliche, con la seconda parte a mettere in gioco un'elevata dose di tensione emotiva nella lotta per la sopravvivenza dei tre soldati dispersi in territorio giapponese. Non mancano alcune perdonabili banalità, e un paio di sequenze (dovute in parte alla produzione a basso budget) vengono sbrigate in maniera fin troppo semplicistica, ma il fascino dell'ambientazione (riprese effettuate nell'odierno Sri Lanka, sugli stessi luoghi dove venne girato tre anni dopo Il ponte sul fiume Kwai (1957)) e la solida prova del cast capitanato da un sempre magnetico Gregory Peck (e con il comprimario Maurice Denham che gli ruba spesso la scena) ne rendono la fruizione avvincente quanto basta anche ai giorni nostri.


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