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Ghost in the Shell

30/03/2017 10:00

Samantha Ruboni

Recensione Film,

Ghost in the Shell

Il cult per eccellenza del filone cyberpunk, in un live-action con Scarlett Johansson

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2029. Mira Killian (Scarlett Johansson), maggiore della Sezione 9, è un cyborg ultrapotenziato con cervello umano. La sua creatrice, tra gli altri, è la Dottoressa Ouèlet (Juliette Binoche), una sorta di madre adottiva. Mira è la prima del suo genere: una macchina, uno shell con un cervello umano perfettamente innestato e una sua “anima”, il ghost. Maggiore della sezione 9 dell'antiterrorismo cibernetico, Mira è affiancata nella sua squadra da Batou (Pilou Asbaek), umano potenziato, con cui dovrà combattere la minaccia di un cyberterrorista di nome Kure (Michael Pitt), alla quale il Maggiore si avvicina immergendosi nella rete di una ginoidi, una geisha cyborg, corrotta. Da lì l'hacker diverrà la sua ossessione e uno scopo che la porterà a conoscere se stessa e il suo passato, a partire dal suo vero nome.


Ispirato agli anime cinematografici del 1995 e del 2004, adattamenti del manga di Masamune Shirow del 1989, Ghost in the shell è il cult per eccellenza del filone cyberpunk, tanto da essere stato fonte d'ispirazione per i Wachowski niente meno che per Matrix. Questo live-action, di produzione americana, non è da intendersi come un rifacimento fotogramma per fotogramma del film originale del 1995, ma un mix – per trama e personaggi – fra il primo e il secondo anime e alcune nuove scelte che rendono quest'opera 2017 più comprensibile anche per un pubblico a digiuno di animazione giapponese. Viene un po' a perdersi quella che è l'eleganza della narrazione tipica nipponica, criptica e profonda, con lo scopo di raggiungere i favori di un pubblico più vasto. Insomma, un vero riadattamento cinematografico, che tuttavia non fa rimpiangere i soldi del biglietto. Fin dal principio veniamo immersi nell'atmosfera cyberpunk. Siamo in un ipotetico futuro dove cyborg, uomini potenziati e esseri umani puri sono difficilmente riconoscibili tra loro. È questa la vera problematica del tempo: le macchine hanno preso il sopravvento sull'umanità. L'investigazione diviene il pretesto per poter evidenziare i problemi di una società distopica dove il reale e l'artificiale non hanno più limiti. Tornata a ricoprire il ruolo di un'entità artificiale, dopo la Samantha di Lei (2013), Scarlett Johansson presta qui non solo la voce ma tutto il corpo al servizio del liveaction. Bellissima e perfetta per la parte, la sua Motoko è spinta dal desiderio irrefrenabile di conoscere la propria identità, il passato e le origini. Sa di essere non solo una macchina mortale, ma vuole saperne di più. Il film è in effetti il percorso di conoscenza e realizzazione del suo corpo (mezzo cyborg e mezzo umano) sino alle immersioni e alla scoperta di corpi altrui. Motoko spinge se stessa al limite, per capirsi e conoscersi, alla ricerca della verità.


È proprio questa la magia di Ghost in the shell, un mix perfetto di etica e azione, di religione e thriller. La questione uomo-macchina, sempre più vicina a noi anche nel quotidiano, viene in questo film (come già nell'anime) sviscerata e umanizzata, con una delicatezza e armonia che solo le storie orientali sanno regalarci. Le ambientazioni sono restituite alla perfezione, come la città invasa da neon e pioggia in stile Blade Runner. La parte visiva, del resto, è mozzafiato: i costumi, le sequenze acrobatiche e i combattimenti senza esclusione di colpi restituiscono le atmosfere dei disegni nell'anime. La fotografia è eccezionale e la visione in 3D un vero piacere estetico: viene naturale seguire la telecamera in volo sulla città, dominata da luci che prendono possesso di palazzi e strade. La sola pecca del film risulta allora la trama, semplificata oltremodo nel mix di narrazioni dei due anime. Anche il finale romantico (il cui stile guarda più alla cinematografia americana, che a quella orientale) è un po' fuori luogo e nemmeno così necessario. Comunque, per i fan di Ghost in the shell alcune sequenze di questo live-action appariranno sicuramente perfette. Da pelle d'oca, il finale con la sigla originale.


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