Joseph (Dorian Le Clech) è un bambino ebreo che vive a Parigi. Ha una famiglia molto numerosa, ed è il piccolo di casa. Insieme a suo fratello ama giocare a biglie per strada. Ma la quotidianità diventa sempre più difficile con l'arrivo in città delle SS: così i genitori decidono, una notte, di farli scappare per poi ricongiungersi con loro in un luogo prestabilito. Sarà l'inizio di un viaggio che durerà fino alla fine della guerra. Tratto dall'omonimo romanzo di Joseph Joffo, che narra la vera storia di suo padre, Un sacchetto di biglie di Christian Duguay torna a raccontare la Shoah dal punto di vista dei bambini. Una tendenza sempre più in incremento nel cinema se pensiamo a pellicole come Il bambino con il pigiama a righe o il più recente Il Viaggio di Fanny (2016). I protagonisti di Un sacchetto di biglie sono due fratelli che cercano di ricongiungersi alla famiglia, attraversando tutta la Francia. Percorriamo con Joseph tutte le fasi della persecuzione nazista agli ebrei: la marchiatura con la stella di David, i posti di blocco, le carceri improvvisate. Ma lo seguiamo anche fra le persone che lo aiutano nel lungo tragitto. Ed è proprio l'umanità che viene fuori in questo film: lo spirito di sopravvivenza che vive all'interno di ogni essere umano, sia nemico o amico. Oltre a essere un racconto della Shoah, Un sacchetto di biglie è, automaticamente, anche un film di formazione. Vedremo i due fratelli - soprattutto il piccolo Joseph - diventare più grandi ogni minuto che passa, affrontando la separazione e il tradimento, l'amore e il sacrificio. La sceneggiatura di Un sacchetto di biglie, rispetto al romanzo, è stata riscritta in toto, avvalendosi di lunghe chiacchierate con l'autore del libro. Partecipa alla pellicola anche Christian Clavier, nella parte di un medico tedesco che si prende cura di Joseph. Sicuramente consigliata la visione ai bambini, magari anche a scuola.