Con l’annuncio dell’universo condiviso dei mostri, la Universal ha suscitato non poco scetticismo e anche qualche risata da parte del popolo di internet che non ne trovava il senso. Ci si dimentica però che tale operazione è già approdata per ben due volte al cinema. L’ultima con lo sfortunato Van Helsing di Stephen Sommers nel 2004, ma ancor prima con Scuola di Mostri di Fred Dekker nel lontano 1987. In un’anonima cittadina della suburbia americana, iconici mostri del calibro di Dracula, Mummia, Uomo Lupo, creatura di Frankenstein e mostro della Laguna Nera si ritrovano per cercare d’impossessarsi di un amuleto magico in grado di liberare le armate del Male. A fare da baluardo vi è solo un pugno di ragazzini, i soli ad aver intuito realmente cosa sta accadendo nella loro città. Se non avete mai sentito parlare di questo film e la trama vi sembra quella di un B-Movie scadente, mettiamo in chiaro subito una cosa: Scuola di Mostri non si tocca. Si tratta di un cult assoluto del cinema per ragazzi degli anni ’80, quello che ora non esiste più, degno dell’olimpo del genere alla stregua di {a href='https://www.silenzioinsala.com/1446/et-l-extraterrestre/scheda-film'}E.T. – L’extraterrestre{/a}, I Goonies o Stand by Me - Ricordo di un'estate giusto per citarne qualcuno. Scuola di Mostri è anche uno dei motivi per cui oggi tutti gli ex-ragazzini dei tardi ’80/inizio ’90 eleggono a capolavoro assoluto la serie tv Netflix Strangers Things. Perché a quella generazione, cresciuta con pochi videogiochi e zero cellulari, le avventure di quei ragazzini ricordavano quello che avrebbe potuto capitare anche a loro negli interminabili pomeriggi d’estate quando la scuola era finita e non si sapeva come far passare il tempo. O almeno, così speravamo. Scuola di Mostri fa parte di un cinema viscerale, che quella generazione ha nel DNA: fatto di biciclette, bulli, approcci impacciati con le ragazze, primi film horror, sigarette fumate di nascosto. Le stesse corde sfiorate anche da Stephen King nelle sue pagine: non è un caso la citazione di Stand by me in apertura, tratto proprio da un racconto del Re; stesso discorso vale anche per il prossimo It, che sposta l’azione dei ragazzi dal 1958 del romanzo agli anni ’80. Tutti cerchi che si chiudono su se stessi per intrappolare quelle generazioni in un labirinto fatto di ricordi della propria infazia. Il ricordo di un film come Scuola di Mostri, che aveva il sapore dell’horror proibito; che offriva diverse scene al limite dello splatter, fatte di arti divelti, corpi tranciati in due, frattaglie sparse sull’asfalto. Roba che in quest’era di ostentato politically-correct disneyano PG-13 è praticamente impossibile da trovare in un film per ragazzi. Visto con una concezione adulta, più matura e smaliziata, il film è invece un concentrato di citazioni e cliché. A partire da quelli più smaccati, come gli stessi mostri, la cui estetica si rifà ai classici Universal degli anni ’30 con Boris Karloff e Bela Lugosi; o i poster appesi nella casa sull’albero (orgoglio tricolore per Zombi 2 di Lucio Fulci) o la maglietta di Sean con la scritta "Stephen King Rulez" fino a memorabile Venerdì 13 – parte XII. Scuola di Mostri è un film per ragazzi che riflette e si crogiola nel concetto stesso di paura (in qualche modo si ricollega anche qui al romanzo It, che faceva della paura il cardine centrale dell’intera vicenda). La paura innocua dei bambini, rappresentata dal Eugene che si copre gli occhi quando vede la mummia passargli davanti. Quella fuorviante rappresentata da “L’abominevole uomo tedesco” che si evolve da mostro a eroe in un’ora di pellicola. Quella estetica verso il diverso (in questo caso il mostro di Frankenstein) scardinata da un sentimento forte come l’amicizia. Infine la paura più autentica, quella verso i mostri e l’ignoto; verso i film dell’orrore quando si guardano in tenera età, di nascosto dai genitori. Quando ancora hanno il sapore di qualcosa di proibito e terribilmente affascinante.