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My war is not over

28/11/2017 11:00

Marcello Perucca

Recensione Film,

My war is not over

My War Is Not Over, storia dei "cacciatori di memoria"

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Una spiaggia battuta dal vento che solleva la sabbia, flagella le palme e rende inquieto il mare. È l’incipit del nuovo, importante film di Bruno Bigoni, My war Is Not over, presentato al 35° Torino Film Festival.


Siamo ad Anzio, cittadina del litorale laziale dove, il 22 gennaio 1944, sbarcarono le truppe alleate. Qui, il soldato britannico Harry Shindler, allora poco più che ventenne, approdò insieme alla propria Compagnia per poi risalire la penisola per combattere una guerra fra le più atroci che permise all’Italia di liberarsi dal giogo nazifascista. Oggi Harry Shindler ha 95 anni e vive in Italia a San Benedetto del Tronto; ma per lui la guerra non è ancora finita. Perché Harry è un “Cacciatore di Memoria”. Passa il suo tempo a cercare di far luce sui casi di tutti quei militari che arrivarono nel nostro paese e qui vi trovarono la morte, ma per i quali l’identità non fu mai riconosciuta.


È il caso, ad esempio, di Gabor Adler, di origine ungherese ma operativo presso i servizi segreti britannici; dopo essere stato catturato e tradotto in carcere a Roma, venne fucilato sulla via Cassia insieme ad altri tredici prigionieri. Sino alla conclusione delle indagini di Harry Shindler e del giornalista Marco Patucchi con cui Harry collabora, il quattordicesimo fucilato era solo una scritta sulla lapide che recitava: “inglese sconosciuto”. È stato per merito della perseveranza e dell’accuratezza delle indagini condotte che Harry e Marco sono riusciti a dare un nome a questo eroe assassinato da un plotone di esecuzione tedesco. È grazie a loro che il soldato Adler ha finalmente terminato la sua guerra.


Ancora, le lunghe ricerche condotte da Shindler e Patucchi hanno permesso, fra i tanti casi, di scoprire che l’ufficiale di volo Bob Millar trovò la morte precipitando con il suo aereo nel Lago di Bolsena. O di identificare il luogo esatto della morte del sottotenente inglese Eric Fletcher Waters, padre di Roger Waters, grande musicista rock e chitarrista dei Pink Floyd. Fu lo stesso musicista a rivolgersi a Harry affinché indagasse sul luogo in cui trovò la morte il padre, pensato caduto a Cassino ma, che, in realtà, perse la vita nelle paludi vicino ad Aprilia. È grazie alle indagini di Harry Shindler e Marco Patucchi che Roger Water ha potuto, finalmente, trovare il luogo ove poter onorare la memoria del padre perso da bambino.


Il lavoro di ricostruzione che compie Shindler permette di non dimenticare, di mantenere viva la memoria storica che, come dice il regista, spesso è memoria personale. E il permettere ai tanti uomini morti in battaglia, dei quali non si è mai più saputo nulla, di ritrovare una identità; è una forma di ringraziamento che tutti noi dovremmo a loro, per il sacrificio compiuto per la nostra libertà.


Per questo il film di Bruno Bigoni, sicuramente fra i migliori documentaristi italiani, è importante. Perché permette di non dimenticare. Soprattutto in un momento storico come quello attuale dove, fra rigurgiti neofascisti e qualunquismo imperante, si tende a rimuovere determinati valori. Qualsiasi lavoro che permetta di fissare la memoria su ciò che è stato, arrivando a comprendere gli errori del passato per non doverli ripetere in futuro, risulta quindi di fondamentale importanza. Tanto più se è di grande qualità, com’è il caso di My war Is Not over, che si fa apprezzare oltre che per la pulizia e bellezza delle immagini, anche per i ricchi materiali d’archivio che comprendono filmati del periodo bellico e per i momenti di grande emozione che ci colgono in alcuni passaggi del film, come le immagini delle lapidi bianche in un cimitero di guerra sepolto dalla neve o l’abbraccio del grande chitarrista a quel piccolo grande signore inglese che permette ai molti caduti in guerra di riacquistare l’identità perduta, potendo così porre finalmente fine alla loro lunga guerra. Un film documentario che, speriamo, possa avere una giusta e meritata distribuzione e che, a nostro avviso, per il suo valore didattico, oltreché artistico, dovrebbe essere divulgato il più possibile nelle scuole.


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