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Lake Bodom

09/02/2018 12:00

Marco Filipazzi

Recensione Film,

Lake Bodom

Premesse da slasher e una sceneggiatura imprevedibile

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A circa 30 km a nord-ovest di Helsinki si trova il lago Bodom, uno dei tanti paesaggi fiabeschi, sperduti tra gli sterminati bioschi di conifere che affrescano la penisola scandinava. Il motivo per cui questo luogo è venuto alla ribalta nelle pagine di cronaca nera è un pluriomicidio avvenuto la notte del 5 giugno 1960: due coppie di ragazzi, che campeggiavano sulle rive del lago, sono stati uccisi a coltellate. Solo uno di loro, gravemente ferito, è rimasto in vita. Inizialmente sospettato di essere il colpevole della strage, nel 2005 tutte le accuse a suo carico vengono sollevate, comprovando la sua innocenza. Il colpevole di tale efferatezza resta a oggi senza identità. Da questo spunto il regista Taneli Mustonen costruisce la sua storia, dichiarando «che col passare del tempo il mistero del lago Bodom ha dato origine a numerose teorie sulla verità riguardo a quanto accadde quella notte. Questo film trae ispirazione da quelle teorie».


L’ambientazione di Lake Bodom è trasposta ai giorni nostri, con un incipit classicissimo in cui (ancora una volta) quattro ragazzi decidono di tornare – chi più, chi meno consapevolmente – sui luoghi dove quasi 60 prima si erano consumati quei fatti di sangue. Il gruppo decide di trascorrere la notte esattamente nello stesso punto in cui si erano accampati i ragazzi rimasti uccisi; un po’ per sprezzo del pericolo, un po’ per incoscienza giovanile, un po’ per gli ormoni in circolo. Con queste premesse da slasher old-school si apre il film, ma quando lo spettatore si adagia e crede di sapere già come si svolgerà il resto della storia, ecco che la regia inizia a sfoderare una serie di colpi di scena che in più di un’occasione non sono così prevedibili come i cultori potrebbero pensare. Sembra che il film si voglia spostare su un altro piano, aumentando sia lo spessore psicologico dei protagonisti (sino a quel momento ridotti ai classici cliché del genere) sia il controllo della messa in scena. Complice un’ottima fotografia, fatta di neri abissali e di luci freddissime, la regia inanella alcune sequenze davvero notevoli - una su tutte, l’inquadratura sottosopra del lago – ma senza soffermarsi troppo a indugiare su violenza e crudeltà.


Se si vuole trovare una nota negativa al film forse è proprio questo: al contrario del simile Eden Lake - in cui una felice coppia di innamorati in campeggio sulle rive di un lago inglese vengono presi di mira da alcuni teppisti –, che si crogiola nelle sequenze cruente e sadiche, Lake Bodom non schiaccia mai fino in fondo l’acceleratore su questo fronte. Taneli Mustonen preferisce una messa in scena più calibrata e una sceneggiatura più imprevedibile, che a ben pensarci non è nemmeno un difetto ma suona più simile a una presa di posizione. Un film che riesce a mantenersi ben sopra la media dei prodotti del genere, reso ancor interessante dall’insolità nazionalità della produzione.


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