
Resta con me, del regista islandese Baltasar Kormákur, è un film drammatico e sentimentale, tratto dal romanzo autobiografico di Tami Oldham Ashcraft. La vicenda narrata è quella del disastroso naufragio avvenuto nell’ottobre del 1983 a causa di un uragano violentissimo che colpì la donna nell’Oceano Pacifico mentre, insieme al suo compagno Richard Sharp, veleggiava da Tahiti a San Diego, in California. Il film di Kormákur si apre con le immagini degli attimi immediatamente successivi al disastro, nel momento in cui Tami - interpretata dalla giovane Shailene Woodley - si rende conto di quanto è successo e del fatto che Richard (Sam Claflin) è scomparso in mare, sbalzato fuori bordo dalla violenza dell’uragano. Percepiamo tutta l’angoscia e la disperazione in una scena drammatica, ben presto interrotta dal primo dei numerosi flash-back di cui il film è costellato e che ci riporta indietro di qualche mese quando, a Tahiti, i due giovani si incontrano e si innamorano, decidendo quindi di condividere l’esperienza di affrontare l’oceano infinito. Baltasar Kormákur ci ha abituato ai disaster movie. Già nei precedenti The Deep e Everest aveva portato sullo schermo storie di sopravvivenza in condizioni estreme. Lo fa anche con la vicenda di Tami Oldham Ashcraft che, dopo il naufragio, è andata alla deriva per ben 41 giorni, senza poter comunicare con il mondo e senza che nessuno sapesse della sua tremenda situazione. Purtroppo il risultato è decisamente imperfetto. La sceneggiatura dei fratelli Kandell e di David Branson Smith alterna continuamente scene drammatiche – il naufragio, il ritrovamento del fidanzato attaccato a un relitto in condizioni assai critiche, la paura di non uscire vivi dall’oceano – a scene riguardanti i momenti antecedenti il disastro, dall’inizio della loro love story, alla partenza con lo yacht, sino al sopraggiungere dell’uragano. Tutto ciò impedisce al film di decollare e allo spettatore di calarsi completamente nel clima di disperazione – e a volte anche un po’ claustrofobico - che la tragedia ha determinato. Al contrario, l’ansia adrenalinica che dovrebbe cogliere chi sta guardando il film viene costantemente smorzata da situazioni che scivolano in una melensa banalità: i giovani innamorati su una spiaggia incontaminata, soli davanti al tramonto rosso fuoco; i dialoghi spesso non supportati da testi all’altezza («Ho girato il mondo per trovarti e adesso non posso lasciarti andare»; «Siamo un ago in un pagliaio blu»); le musiche caramellose di Volker Bertelmann. Purtroppo ciò che manca veramente in Resta con me è una analisi dello stato d’animo dei protagonisti di fronte alla tragedia, manca un vero approfondimento psicologico e non si percepisce fino in fondo la forza interiore che ha permesso a Tami di resistere per 41 giorni sull’oceano in balia degli eventi. Un’occasione sprecata per raccontare una donna coraggiosa e tenace, capace di affrontare – e vincere - una delle prove più difficili della sua esistenza.