Lasse è lo sceriffo, prossimo alla pensione, di un piccolo villaggio finlandese nella Lapland, situato poco prima del confine con la Svezia. L'uomo scopre che suo figlio illegittimo, Jaakko, è appena uscito di prigione, dove aveva scontato un lungo periodo di detenzione per l'omicidio del patrigno. Tutti temono che il ragazzo crei scompiglio nella comunità e la tragedia si compie quando questi, scoperto la vera identità del genitore biologico dalla madre, si mette alla sua ricerca: ha così luogo una colluttazione nella casa dove abitava Lasse e in cui ora vivono l'ex-moglie, il nuovo compagno della donna e Erkki, il figlio riconosciuto. Ed è il secondo dei tre a farne le spese, rimanendo gravemente ferito. Quando muore dopo giorni di agonia, Erkki (esperto cacciatore) decide di mettersi sulle tracce di Jaakko, ignaro che sia il suo fratellastro: Lasse cerca di fare in modo che il sangue del proprio sangue non finisca per uccidersi a vicenda. L'esordio nel lungometraggio del finlandese Jussi Hiltunen è un thriller ambientato in una cittadina di confine, luogo ideale per dar vita alla guerra fratricida tra due giovani uomini ignari del loro legame fraterno. Un'idea sulla carta interessante e dagli echi quasi shakespeariani, che però non trova adeguato supporto nella sceneggiatura e nella messa in scena dell'esordiente regista, ancora troppo acerbo per innescare al meglio i numero sottotesti nascosti dietro questi legami di sangue destinati alla tragedia. Law of the land è un film fermo e sospeso, apparentemente intimorito dall'osare oltre il mero compitino di genere; si affida eccessivamente ai cliché delle produzioni scandinave a tema, tentando di nascondere le falle di scrittura attraverso il reiterato utilizzo degli splendidi paesaggi innevati, fondamentali elementi di contorno a questa saga familiare d'altri tempi e poco verosimile nelle sue evidenti forzature. Si respira una certa freddezza nei novanta minuti di visione, e non è quella data dal gelido contesto atmosferico bensì dalle volutamente trattenute performance di un cast poco sfruttato: le facce giuste sono al posto sbagliato e l'ineluttabilità che accompagna le decisioni dei personaggi castra sul nascere qualsiasi sussulto emotivo di sorta. Difficile per lo spettatore empatizzare, sballottato tra situazioni di stallo e colpi di scena sempre meno appassionanti. La resa dei conti finali regala l'unico vagito d'azione all'interno di una narrazione che tenta di costruire una tensione sotterranea - la quale, però, emerge solo a tratti e tramite i non detti o i legami del passato che riemergono con lo scorrere dei minuti - concentrando la morale di fondo su come le scelte possano segnare per sempre il destino degli individui, con poche possibilità di modificarle in corsa. Law of the land si trascina così, stanco come il suo protagonista, fresco di pensione ma già alle prese con un tramonto non solo lavorativo, fino ai titoli di coda e la stessa resa dei conti, breve e spoglia, si risolve in un dialogo chiave per il quale erano forse inutili tutti i sacrifici e le false piste espletate in precedenza, rischiando di rendere l'intero insieme altrettanto evitabile se non per gli strenui onnivori del filone.