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Unbreakable - Il predestinato

24/01/2019 12:00

Marco Filipazzi

Recensione Film, Marvel Comics, shyamalan heroes,

Unbreakable - Il predestinato

Un distillato di filosofia supereroistica

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Unbreakable - Il predestinato è, ancora oggi, a quasi vent’anni dalla sua uscita, uno dei migliori film di supereroi mai realizzato. Può anche essere considerato, al momento, il vero capolavoro del regista M. Night Shyamalan che, dopo un esordio al fulmicotone (chi non è rimasto con la mascella appesa la prima volta che ha visto Il sesto senso?) si è perso strada facendo. Per comprendere appieno il potenziale di Unbreakable - Il predestinato è necessario però contestualizzarlo con un po’ di cronologia spiccia (faranno fede le date di uscita in Italia, traslate di qualche mese rispetto a quelle americane, il che rende tutto ancor più forte): perchè se ora siamo assuefatti dai cinecomics, nel 2000 era tutt’altro discorso. All’inizio del nuovo millennio i cinefumetti erano visti con sufficienza da Hollywood, roba buona solo per ragazzini e nerd, non macchine sfondabotteghini come lo sono oggi. Il 27 ottobre però esce X-Men di Bryan Singer, che spariglia le carte in tavola e dimostra che è possibile rimanere fedele ai comics e riuscire ad accontentare sia critica che pubblico. Siamo all'alba di un nuovo genere, che si farà sempre più propotente e mainstream con il passare degli anni.


Appena un paio di mesi dopo, il 22 dicembre, arriva in sala Unbreakable - Il predestinato, pellicola pubblicizzata poco e male; il marketing era concentrato più sulla frase a effetto «dal regista de Il sesto senso», uscito appena un anno prima, piuttosto che sulla storia vera e propria del film. Con il senno di poi è stata forse una strategia studiata a tavolino, sicuramente vincente, per attrarre il pubblico in sala senza spaventarlo con una premessa fumettistica. Premessa che, una volta pagato il biglietto, si palesa immediatamente sullo schermo, snocciolando statistiche sui comics negli USA e nel mondo.


Bruce Willis è David Dunn (che come ogni supereroe che si rispetti ha le iniziali di nome e cognome uguali, da Peter Parker a Bruce Banner e Wade Wilson): pochi giorni dopo essere miracolosamente uscito illeso da un disastro ferroviario, riceve un misterioso biglietto con la scritta «quanti giorni della tua vita sei stato malato?». A mandarglielo è il proprietario di una galleria d’arte (un monumentale Samuel L. Jackson) specializzata in disegni originali e rare tavole di fumetti. Quando ancora i fumetti erano bistrattati, M. Night Shyamalan, giovane regista in piena ascesa, decide di raccontare una storia di supereroi attraverso una chiave di lettura fredda e realistica che anticipa di 5 anni quella del Batman di Christopher Nolan. Non solo: è talmente abile nel farlo che per più di metà film il pubblico nemmeno si rende conto di star assistendo a un racconto di supereroi!


A tutti gli effetti Unbreakable - Il predestinato è un distillato di filosofia supereroistica, un concentrato di archetipi che spaziano dal racconto d’origini dell’eroe alla costruzione del villain principale sino all’inevitabile scontro tra il bene e il male. Il tutto senza strafare, senza contare su di un budget faraonico, senza orge di CGI in cui vengono spazzate via intere città, bensì utilizzando un approccio essenziale e intimista, in cui è la sceneggiatura a farla da padrona. Sempre. A questo va aggiunto un linguaggio cinematografico sopraffino e uno stile di regia a dir poco sublime, pieno di significati nascosti e doppie chiavi di lettura, in grado di stratificare il film al punto che a ogni rewatch, pur conoscendo già il twist finale (anzi, è proprio quello a cambiare la prospettiva della visione) lo spettatore coglie nuovi dettagli e rimandi.


Perché è innegabile che lo Shyamalan degli inizi, almeno sino a E venne il giorno, era un vero astro nascente, non solo per i colpi di scena con cui era solito spiazzare il pubblico, ma proprio per il suo stile visivo, per quella costruzione delle inquadrature e per quell’uso dei movimenti di macchina che lo avvicinavano vertiginosamente allo Steven Spielberg dei tempi d’oro. Unbreakable - Il predestinato è la summa di tutto ciò. Basti pensare alle prime tre scene che ci introducono il personaggio di Elijah Price, soprannominato “l’uomo di vetro”: la sua nascita ripresa attraverso uno specchio; la sua adolescenza riflessa sullo schermo di una tv; l’età adulta filtrata dalla teca di una edizione limitata. Il ricorrere del colore viola in ogni scena in cui appare. E poi tutti quei movimenti di macchina lentissimi, quasi impercettibili, che conferiscono staticità alle scene, quasi come se Shyamalan volesse dare l’impressione di star filmando le tavole immobili di un fumetto.


Sono tutti dettagli che non fanno altro che arricchire il film, dagli nuove profondità, per convincere il pubblico (quello che entrava in sala nel dicembre del 2000) che i fumetti non sono solo cose da bambini, ma una vera e propria forma d’arte, dietro la quale si cela un’intera filosofia densa di simbolismi e rimandi. La prova che quel tipo di linguaggio poteva essere aprezzato anche da un pubblico adulto. Con il senno di poi Unbreakable - Il predestinato è stato il vero sdoganatore dei cinecomics al cinema e lo ha fatto non con messe in scena spettacolari, bensì con la semplicità di una storia d’origini intrisa di una raffinatezza intellettuale che, a oggi, trova pochi eguali nel genere.


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