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Velvet Buzzsaw

29/03/2019 12:00

Marco Filipazzi

Recensione Film,

Velvet Buzzsaw

Velvet Buzzsaw, il nuovo film di Dan Gilroy

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C’è un sottile filo rosso che unisce Velvet Buzzsaw e Lo Sciacallo - Nightcrawler, pellicola del 2014 diretta da Dan Gilroy e interpretata da un formidabile Jake Gyllenhaal: i film condividono sia il regista che l’attore protagonista (anche Rene Russo compare in entrambi), ma ciò che più accomuna le due opere è una visione dell’arte distorta, manipolata e soprattutto manipolatrice, anche se in declinazioni e musure differenti. Se ne Lo Sciacallo - Nightcrawler, Gyllenhaal interpretava un fotografo senza scrupoli (e soprattutto senza peli sullo stomaco), in Velvet Buzzsaw incarna un’altra faccia della medesima medaglia: un cinico e temutissimo critico d’arte, che con le sue parole può decretare il successo o addirittura spingere al suicidio un artista.


Il film si apre proprio così, con la presentazione del personaggio di Morf Vandewalt in tutta la sua spietatezza, calato nel contesto che più gli si addice: l’inaugurazione di una mostra d’arte, dove fa lo squalo in un acquario. In questa scena (di sicuro una delle migliori del film) ci vengono presentati una serie di personaggi che, presumiamo, abbiano un ruolo fondamentale nello sviluppo della storia; ma così non sarà. L’avvio della vicenda è il ritrovamento di un gran quantitativo di tele dipinte da un ormai defunto sconosciuto. Quadri ammalianti e inquietanti, che sembrano essere maledetti in quanto chiunque ne entri in possesso muore.


Negli anni molti horror hanno usato l’arte come tema o mondo in cui far svolgere la loro storia. Dall’ultimo The Devil's Candy a La sindrome di Stendhal di Dario Argento (in un paio di sequenze citato abbastanza esplicitamente da Gilroy), ma anche singole scene incentrate su inquietanti dipinti, come il quadro di Modigliani in It di Andy Muschietti o quello della suora in The Conjuring - Il caso Enfield. Persino E tu vivrai nel terrore - L'Aldilà di Lucio Fulci inizia con la crocifissione di un pittore, ritenuto responsabile di invocare il Diavolo nelle sue opere.


L’originalità di Velvet Buzzsaw sta nell’ambientare la vicenda nello spietato mondo del commercio di arte della Los Angeles contemporanea. Infatti, tutta la prima parte del film, quella in cui Dan Gilroy ci introduce a questa realtà facendoci conoscere personaggi uno più viscido dell’altro, è sicuramente anche quella più godibile e riuscita. Un ritratto spietato, una fredda satira che si mette perfettamente in scia alle aspettative (molto alte) che aveva creato con il precedente Lo Sciacallo - Nightcrawler.


Insomma, tutto fa ben sperare per i successivi 90 minuti di visione e, invece, quando i quadri vengono ritrovati e la componente horror – perché ricordiamo che il film è classificato come horror vietato ai 14, scelta inspiegabile dato che le scene “forti” sono pressoché assenti – inizia a serpeggiare, tutto va in cenere. Di orrorrifico c’è poco o nulla e soprattutto le scene di suspance non riescono mai a raggiungere un livello di tensione quantomeno decente.


Perciò il film scorre piatto, placido e inesorabile verso la propria (prevedibile) conclusione, e per ogni scena in cui Jake Gyllenhaal risolleva il morale con la sua recitazione sopra le righe, c’è n’è una con John Malkovich ormai ridotto a macchietta di se stesso. Anche mettendo da parte le altissime aspettative e facendo finta di non aver mai visto Lo Sciacallo - Nightcrawler, Velvet Buzzsaw resta comunque una gran occasione sprecata, con un incipit e dei personaggi frizzanti e originali che si perdono in una narrazione confusa, poco coraggiosa e diretta con il pilota automatico.


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