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Mientras dure la guerra

29/11/2019 11:00

Marcello Perucca

Recensione Film,

Mientras dure la guerra

Il film di Alejandro Amenabar presentato al 37° Torino Film Festival

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1936: dopo il golpe ai danni del governo del Fronte popolare, il Generale Francisco Franco, capo delle truppe nazionaliste, ritornato in Spagna dalle guarnigioni di stanza in Marocco si appresta a essere nominato Capo dello Stato. In tutto il paese infuria la guerra civile, che in quattro anni porterà i nazionalisti a sconfiggere la Repubblica e a instaurare una dittatura di matrice fascista con l’appoggio di Hitler e Mussolini. Franco, appena nominato massima autorità dello stato, insediò il suo governo provvisorio e illegittimo a Salamanca, città nella quale viveva, ricoprendo l’incarico di Rettore dell’Università, lo scrittore e filosofo di origine basca Miguel de Unamuno.


A ripercorrere questi episodi è Mientras dure la guerra, il film di Alejandro Amenabar presentato al 37° Torino Film Festival nella sezione Festa mobile. Un’operazione difficile e rischiosa quella compiuta dal regista cileno: Miguel de Unamuno (interpretato dall’attore basco Karra Elejalde), per quanto riconosciuto come uno fra i massimi intellettuali spagnoli di tutti i tempi, mantenne nei confronti di Franco e dei nazionalisti un atteggiamento controverso. Inizialmente socialista, dopo essere finito in esilio per aver criticato aspramente il precedente dittatore Primo de Rivera, Miguel de Unamuno abbandonò progressivamente tali idee per arrivare ad appoggiare il colpo di stato ai danni del governo repubblicano, in quanto vedeva nella sollevazione militare la sola possibilità per arginare la deriva verso la quale pensava stesse andando il paese. Addirittura lanciò a tutti gli intellettuali un appello a favore dell'appoggio ai nazionalisti, da lui considerati come l’ultimo baluardo della cristianità e della civiltà occidentale, scagliandosi contro “le inaudite crudeltà delle orde marxiste, rosse”. Tuttavia il suo entusiasmo si trasformò presto in disillusione di fronte alla repressione alla quale stava assistendo a Salamanca. Nonostante ciò rimase in buoni rapporti con Franco (nel film è interpretato da Santi Prego), tanto che ricevette numerose lettere da parte dei familiari delle persone arrestate, affinché intercedesse per loro presso il Caudillo. Solo pochi mesi prima della sua morte, durante un discorso tenuto all’Università di fronte ai vertici del governo illegittimo e ad alti esponenti della Chiesa, de Unamuno ebbe il coraggio di denunciare pubblicamente il corso preso dalla guerra civile, pronunciando parole che accusavano i nazionalisti di vincere grazie alla forza bruta, ma senza convincere, perché “per convincere serve la persuasione e, per persuadere occorre ragione e diritto nella lotta”, cose che egli non ritrovava nei nazionalisti.


Nel film di Amenabar tutto questo è ben descritto, con una ricostruzione storica accurata e con una messa in scena fatta di inquadrature che, dal punto di vista formale, risultano impeccabili. Merito anche della bella fotografia di Alex Catálan. Eppure, al di là del voler giudicare se sia stato giusto o sbagliato affrontare un personaggio così controverso qual è stato de Unamuno, colpevole di aver appoggiato i fascisti spagnoli senza comprendere cosa realmente sarebbe successo, la pellicola risulta fredda, emotivamente neutra. Non si ravvisa mai nel film un momento di vera commozione. Tutto viene appiattito da una pulizia formale priva di pathos. Amenabar non si schiera, limitandosi a enunciare i fatti e ci fa assistere ai tormenti di un vecchio intellettuale incapace sino all’ultimo di prendere posizione. Quando, dopo il discorso pronunciato presso l’Università, tutta la platea si solleva rivoltandoglisi contro e minacciandolo fisicamente, de Unamuno accetterà di aggrapparsi all’unica mano che gli offre un aiuto per sfuggire al linciaggio. E quell’appiglio fu, emblematicamente, quello del potere: la mano guantata della moglie del Generalissimo Francisco Franco.


Alla fine si esce dalla sala con l’impressione che Mientras dure la guerra (il titolo riprende la frase che il generale Miguel Cabanellas avrebbe voluto inserire nel documento che dava pieni poteri a Franco) sia solamente un bell’esercizio di stile, un film persino pericoloso in questi tempi di revisionismo storico.


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