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Sotto il Celio Azzurro

29/04/2010 11:00

Lorenzo Costantini

Recensione Film,

Sotto il Celio Azzurro

“Prima regola dell’educatore: invertire il cannocchiale per far scoprire quanto è diverso il mondo quando cambia il punto di vista...

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“Prima regola dell’educatore: invertire il cannocchiale per far scoprire quanto è diverso il mondo quando cambia il punto di vista. Il grande diventa piccolo.”


Mario Sesti


Edoardo Winspeare firma la regia di questo docu-film dedicato ad una piccola realtà collocata in un piccolo spazio nel più grande quartiere Celio della ancor più grande e popolosa città d’Italia, Roma. Con un paio di telecamere il regista vive un anno scolastico del “Celio Azzurro” una scuola materna che accudisce, cresce ed educa bambini stranieri ma anche italiani provenienti per la maggior parte da situazioni economiche poco felici. La scuola è un’oasi multiculturale nella quale il regista si è immerso senza che la telecamera disturbasse il normale svolgimento delle giornate e nella quale i problemi di tutti i giorni si confondono con il divertimento e la spensieratezza dei bambini, a loro agio dentro quelle mura dipinte con i colori della fantasia.


Il Celio Azzurro nasce dalla volontà di Massimo Guidotti nel 1990 ed ancora oggi, tra mille traversie, accoglie i bambini dando loro un nido nel quale poter accrescere la voglia di divertimento e nel quale sentirsi protetti dai problemi della vita. Winspeare ci mostra uno spaccato dell’anno scolastico della scuola dividendo il docu-film in quattro capitoli stagionali. Si inizia dalle iscrizioni dei bambini e dalla conoscenza delle situazioni familiari con incontri degli stessi maestri con i familiari per instaurare un rapporto di conoscenza e fiducia. I capitoli dell’inverno e della primavera sono quelli centrali che dimostrano l’attività in classe e nel giardino, con i maestri che vivono le gioie dei bambini accrescendo loro la fantasia. Infine, l’estate, nella quale il Celio Azzurro si incarica dell’onere di portare i bimbi in vacanza al mare. Non mancano, però, momenti di difficoltà come quelli che descrivono la situazione economica precaria sia per il futuro della scuola che per la manutenzione straordinaria dell’edificio.


Winspeare decide di dare un taglio di stampo documentaristico facendo muovere i protagonisti come se le telecamere non ci fossero. Per l’intero anno scolastico il regista stesso ed altri collaboratori hanno vissuto, con la telecamera in mano, gli istanti di gioia dei bambini e le difficoltà degli insegnanti come se fossero delle mosche infiltrate nella scuola. Azzeccata anche la scelta di non registrare alcuna intervista ai protagonisti per non rallentare il ritmo dell’opera. Così impariamo a conoscere le storie delle persone e dei bambini dai loro discorsi, uniti tra loro grazie ad un accurato montaggio che ha ristretto il documentario fino alla durata di 80’. Altrettanto significativa la scelta di mostrare le foto dei maestri in ordine cronologico-decrescente per verificare la regressione di questi da adulti fino alla pubertà ed identificarli allo stesso livello dei bambini. Ognuno di loro, infatti, ha una storia alle spalle ed ognuno di loro ha il Celio Azzurro in comune come felice esperienza di vita.


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