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Come un uragano

07/06/2010 11:00

Leone Auciello

Recensione Film,

Come un uragano

Un silenzio aberrante strazia, poi d’improvviso un uragano riempie di passione i monocromatici cuori di due anime deluse...

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Un silenzio aberrante strazia, poi d’improvviso un uragano riempie di passione i monocromatici cuori di due anime deluse. Il vento impetuoso trascina via un passato ormai privo di stimoli e fiducia; gocce di pioggia sciolgono mesti ricordi e nell’attesa della quiete tutto viene travolto dall’inarrestabile incedere di una tempesta sentimentale. Tutto prende il via con quella casualità che rende ancor più coinvolgente una storia d’amore. Un incontro inaspettato e non programmato cambia le carte del gioco della vita, mischiandole, cancellando un destino gramo e sostituendolo con la sorpresa di una nuova trascinante conoscenza.


Le anime che danzano in questo valzer tinto di rosso sono quelle di Adrienne (Diane Lane) e Paul (Richard Gere). Il preludio alla sinfonia è semplice: entrambi si ritengono insoddisfatti della propria vita, postasi sui binari sbagliati in seguito ad errori commessi. Lei tradita da un marito capace di ritornare beffardamente dopo un anno di lontananza, come se nulla fosse. Lui dedito soprattutto al proprio lavoro da chirurgo, un mestiere che ha occupato interamente la sua vita, eliminando lo spazio per la famiglia e i sentimenti. Il destino aiuta a unire sotto lo stesso tetto i due personaggi erranti. Un’amica di Adrienne le chiede di tenere in affidamento in sua assenza il suo delizioso albergo sulla spiaggia di Rodanthe. Pur essendo completamente fuori stagione, la pensione ha un ospite inatteso, Paul, giunto sull’isola del North Carolina per risanare una crisi di coscienza dovuta alla morte di una paziente durante un’operazione. Si ritrovano così vicini due estranei, la cui conoscenza si anima come il rombo di un tuono in una placida notte e il cui rapporto segue il ritmo forsennato della pioggia in un fragoroso temporale. Pochi istanti per cancellare il ricordo di un’esistenza ormai ridotta a cenere e far risvegliare come una fenice variopinta il proprio ego, rinato e pronto ad affrontare i fantasmi-problemi del passato recente.


Nicholas Sparks si rivela nuovamente preziosa fonte per le sorti di Hollywood. Dopo Le parole che non ti ho detto, Le pagine della nostra vita e I passi dell’amore, un altro libro dello scrittore di Omaha viene adattato per una pellicola. Una storia che pesca il proprio target nel pubblico maturo, a cui è destinato il messaggio intrinseco nel film. Una perpetua speranza da riporre nella ricerca di una persona con cui condividere la vita, e la certezza dell’esistenza di un “secondo atto” anche quando tutto sembra destinato all’oblio della solitudine. Ogni dialogo è carico di romanticismo e la visione è prettamente consigliata ad amanti del genere o anime sensibili bramose di dare libertà d’azione alle proprie ghiandole lacrimali, pronte a sgorgare in un finale tipicamente Sparksiano. Si avverte dall’esterno il perfetto connubio tra i due protagonisti, giunti alla loro terza pellicola insieme, un rapporto di lavoro-amicizia che rafforza la coesione sullo schermo, rendendo il più verosimile possibile il rapporto. Sublime la scenografia, sia i paesaggi della costa americana, selvaggi e privi dell’influenza umana, sia la pittoresca abitazione-hotel dai connotati fiabeschi. “Plick”. “Plick”. Gocce cadono sul nudo pavimento. Una leggera brezza invade l’aria rarefatta. L’uragano sta per giungere. Il cuore inizia a palpitare.


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